La scrittrice Yuleisy Cruz nata a Cuba

Yuleisy Cruz Lezcano nata a Cuba, vive a Marzabotto, Bologna. Lavora nella sanità pubblica, laureata in scienze biologiche e con laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetricia, titoli ottenuti presso l’Università di Bologna.

Ha pubblicato numerosi libri a seguito di riconoscimenti e premi in concorsi.
Si occupa di traduzioni in spagnolo, facendo conoscere poeti italiani in diverse riviste della Spagna e del Sudamerica e, in modo reciproco, facendo conoscere poeti sudamericani e spagnoli in Italia. Collabora con blogs letterari italiani, di America Latina, Spagna e con il giornale letterario del Premio Nabokov.
La sua poesia italiana è stata tradotta in francese, spagnolo, portoghese, inglese, albanese.
Nel 2024 è stata selezionata per partecipare al Festival letterario di Venezia “La Palabra en el mundo”.

Progetto (XVIII Edizione 2024) – Ita/Eng/Spa

Il suo ultimo libro “Di un’altra voce sarà la paura”, pubblicato con Leonida edizioni, uscito a febbraio 2024, è stato selezionato per presentarlo al Salone Internazionale del Libro di Torino edizione 2024, è stato presentato nella Televisione di Stato della Repubblica di San Marino e in Tele Granducato della Toscana, è stato presentato nel Festival Libri nel Borgo antico di Bisceglie, nell’ambasciata cubana a Roma, è stato presentato con l’associazione Artinte di Barletta, Trani, Puglia ad agosto, Puglia, nella trasmissione televisiva Street Talk di Andrea Villani, che viene trasmesse in 22 reti televisive in tutta Italia.

2024
Gran Premio della giuria nel Premio Internazionale Il Meleto di Guido Gozzano poesie straniere

Premio Ginevra nel premio svizzero -italiano Switzerland Literary Prize con il libro edito spagnolo – portoghese Doble acento para un naufragio, editato con la casa editrice portoghese Edicões Fantasma
https://www.switzerlandliteraryprize.it/i-vincitori-2024.html?fbclid=IwY2xjawFMpxJleHRuA2FlbQIxMQABHe3RfmiKv9OWssPv4_KtPcwnrn0n8bTdjvNWDr4iIV5-XeqhAGvWOrSeYQ_aem_PLtDvCn1Td45ZxruYArwYA&sfnsn=scwspwa
Selezionata dal progetto Latilma con università di Roma
Giurato del premio internazionale La Estación del arte con sede a Madrid.

2023
Ottobre Menzione di merito nel Premio Internazionale Nosside.
Ottobre Partecipazione come relatrice al convegno Poesia e migrazione a Padova.
Segnalazione di merito al Premio Letterario Internazionale Il Convivio.
Partecipazione al Festival Sudamericana, San Ginesio 2023 (MC).
Ad agosto partecipa al Festival Xenia Book Fair di Reggio Calabria, edizione 2023.
A Giugno 2023 regista e partecipante, insieme ad Antonello Nave e l’associazione Altroteatro di Firenze, in una performance poetica- teatrale, con musica e canto dal titolo “Intrecci: la fatica e il canto” durante l’inaugurazione del Museo Nazionale della Paglia al Comune di Signa.
Giugno Partecipazione al Festival Poesia e filosofia, organizzato dalla rivista taller Igitur del Messico.
Ad aprile protagonista, insieme al pittore Alessandro Fioraso, di una mostra poetico- pittorica nella Sala degli Affreschi al Comune di Signa dal titolo “Il dipinto si fa poesia”.
Ad aprile Partecipazione al Festival Internazionale itinerante la Estación del arte, con sede a Madrid.
Gran Premio della giuria al Premio Ossi di seppia
Menzione d’onore nel Concorso Lo que mis lágrimas han callado, organizzato in Messico, contro la violenza alle donne.
Collabora con diverse riviste letterarie spagnole e dell’America Latina, dove pubblica articoli propri e traduzioni di autori italiani, per divulgare e fare conoscere la poesia italiana all’estero.
Giurata del Premio letterario Nabokov e del premio Napoli Cultural Classic, giurata del Premio Letterario Artebellariva.
Membro d’onore del Festival della poesia di Tozeur, Tunisia.
Collabora con il giornale Letterario del premio Nabokov con proprie pubblicazioni e traduzioni di poeti latinoamericani e spagnoli.
È fra gli invitati del Festival Veracruz ciudad de poetas, che si terrà a Barcellona.
Poeta relatrice del Festival Xenia Book Fair di Reggio Calabria, edizione 2023.
Poeta partecipante al Festival Sudamericana 2023-San Ginesio e l’Arte (MC).
Invitata come poetessa cubana al Festival Internazionale “Veracruz ciudad de los poetas” che si terrà a Barcellona.

Pubblicazioni:
Di un’altra voce sarà la paura, Leonida Edizioni, 2024
Doble acento para un naufragio, bilingue spagnolo/portoghese, Edições Fantasma, 2023.
L’infanzia dell’erba, Melville Edizioni, 2021.
Demamah: il signore del deserto, bilingue italiano/spagnolo, Monetti Editore, 2019.
Inventario delle cose perdute, Leonida Edizioni, 2018.
Tristano e Isotta. La storia si ripete, SwanBook Edizioni, 2018.
Fotogrammi di confine, Casa editrice Laura Capone, 2017.
Soffio di anime erranti, Prospettiva Editrice, 2017.
Frammenti di sole e nebbia sull’Appennino, Leonida Edizioni, 2016.
Credibili incertezze, Leonida Edizioni, 2016.
Due amanti noi, FusibiliaLibri, 2015.
Piccoli fermioni d’amore, Libreria Editrice Urso, 2015.
Sensi da sfogliare, Leonida Edizioni, 2014.
Tracce di semi sonori con i colori della vita, Centro Studi Tindari Patti, 2014.
Cuori Attorno a una favola, Apollo Edizioni, 2014.
Vita su un ponte di legno, Edizioni Montag, 2014.
Diario di una ipocrita, Libreria Editrice Urso, 2014.
Fra distruzione e rinascita: la vita, Leonida Edizioni, 2014.
Pensieri trasognati per un sogno, Centro Studi Tindari Patti, 2013.

Sinossi del libro “Di un’altra voce sarà la paura” 

La raccolta poetica comprende 45 poesie ed è divisa in sezioni a ognuna delle quali corrisponde un tipo di storia diverso: ogni sezione inizia poi con una fotografia di autore dell’artista Adele Quaranta e con un aforisma dell’autrice Yuleisy Cruz Lezcano. Il libro racconta storie diverse di violenza, riferendosi per la maggior parte a quella fisica. 

I luoghi dove avvengono tali violenze sono vari, così come gli scenari, il libro contiene violenze reali apparse nella cronaca, di gruppo e non, ma anche esperienze anonime sulla violenza di genere (stupro, abuso, disprezzo) in famiglia, con il partner, tra amici o sconosciuti, micro-machismo e violenza durante i conflitti bellici. 

Tutte le storie narrate sono state selezionate e divise in modo da offrire una visione sull’enorme varietà di violenze esistenti. 

Il libro è rivolto a un ampio target, ma data la crudezza delle immagini proposte, si può affermare che sia per un pubblico adulto. 

Riguardo alla scelta stilistica si cerca di usare un linguaggio vicino all’esperienza, ma con artifici poetici e tramite l’uso di accostamenti insoliti i lettori possono incontrare l’universo delle parole in altri modi. 

La scelta tematica della violenza, sempre attuale e trasversale, porta i lettori a immergersi nell’incendio della vita e nei segreti celati dell’anima umana. Il libro parla di tragedia e speranza, di violenza e resistenza, di bellezza e crudeltà, con uno stile che evoca le sfumature dell’anima. 

Queste liriche avvolgono come un abbraccio gelido, toccano nel profondo e spingono a guardare oltre le apparenze, oltre le maschere che spesso si indossano per nascondere dolore e paure. 

Così si attraversa un percorso intimo di riscoperta e riscatto. Il libro inizia con il fatto di cronaca di una donna di 89 anni violentata a Milano, che dimostra che la violenza non ha età. La poesia “Accumulo di Immagini” è stata pensata per gettare il lettore nel turbine di emozioni di un’anziana che affronta le ombre della notte, non solo quelle tangibili, ma anche quelle che si celano. Attraverso immagini nitide e taglienti come lame, l’autrice dipinge il ritratto di una Milano notturna, un luogo dove la fragilità e il dolore si accumulano come frammenti di un puzzle spezzato. La storia di un’anziana derubata e violentata diviene il fulcro di questa poesia, un evento tragico che squarcia il velo dell’ignoranza e costringe a confrontarsi con la propria umanità. Il peso della coscienza, la paura dell’oblio e la ricerca di perdono si intrecciano in un mosaico di emozioni contrastanti, trasformando la poesia in un’ode alla resilienza e alla speranza. 

In “Cento cani su una gatta” si entra a pieno nell’inferno umano, dove la violenza e la brutalità si riversano come un fiume in piena. Attraverso istantanee vivide e viscerali il male regna sovrano e la vittima diviene preda facile per aguzzini senza scrupoli. La voce soffocata di una donna violentata si alza come un grido nella notte, implorando pietà e compassione in un mondo che sembra essersi abbandonato all’indifferenza e alla crudeltà. 

Andando avanti nella raccolta, la poesia si trasforma così in un atto di denuncia e di resistenza, un grido d’allarme che squarcia il silenzio complice della società e spinge a riconsiderare il ruolo di spettatori passivi di fronte all’ingiustizia e alla violenza. 

Gli eventi narrati scendono nei particolari di ogni storia di violenza, descrivendo i luoghi e le emozioni vissute dalla vittima, cercando spesso accostamenti insoliti, che creano immagini forti e poeticamente incisive. 

La silloge finisce con una poesia forte dal titolo “Me ne vado”: 

“Me ne vado dove la mia accesa 

indignazione non può squarciare 

il mio petto. 

Me ne vado dalla parola, dalla voce 

del nero che si contrappone all’aureola. 

Me ne vado per paura d’essere la mano 

dove invelenito il sangue prende forma.” 

Perfettamente in sintonia con le emozioni delle donne vittime di violenze, l’autrice saluta i lettori con una premonizione di vendetta che non si vuole comunque portare a termine, ma che si identifica con la sua volontà di non poter perdonare chi ha fatto tanto soffrire… 

Fisiognomica della Violenza nell’Arte Occidentale: Violenza di Genere, Campo di Idee e Studi

di Yuleisy Cruz Lezcano

La relazione tra arte e violenza è un tema ricorrente nella storia dell’arte occidentale. L’analisi di questa connessione assume una dimensione ancora più complessa quando si considera la violenza di genere, un aspetto che ha suscitato crescente interesse negli studi contemporanei. In questo contesto, la fisiognomica – l’interpretazione delle caratteristiche facciali e corporee come indicatori di tratti psicologici, emotivi e sociali – diventa uno strumento per indagare come l’arte abbia rappresentato la violenza di genere, influenzandone la percezione nel corso dei secoli.

La fisiognomica nasce nell’antichità come tentativo di associare le caratteristiche fisiche di una persona con la sua natura interiore. A partire dal pensiero greco, in particolare con Aristotele, questa disciplina si evolve nel tempo fino a raggiungere una certa popolarità nel Rinascimento e nel periodo moderno. In quel contesto, artisti e scienziati cercavano di interpretare le emozioni e i comportamenti umani attraverso il volto e la postura.

Nel XIX secolo, la fisiognomica diventa parte di una serie di teorie scientifiche che tentano di legare le caratteristiche fisiche a caratteristiche morali o psicologiche. Autori come Cesare Lombroso, con la sua teoria del crimine come espressione di tratti fisici innati, cercano di dare una giustificazione scientifica a idee spesso pregiudizievoli e discriminatorie. Questo approccio si intreccia con una visione della violenza come fenomeno radicato nella natura umana e nei tratti fisici.

Nella tradizione occidentale, la violenza è stata frequentemente rappresentata nell’arte, sia come atto fisico che come espressione di conflitti sociali, politici o psicologici. Le scene di violenza nell’arte possono essere viste come manifestazioni di desideri, paure e tensioni sociali. La violenza di genere, tuttavia, assume una posizione particolare, spesso trattata in modo diverso rispetto ad altri tipi di violenza, a causa delle dinamiche di potere e di dominio che le determinano, la costruzione culturale che riflette e perpetua le disuguaglianze sociali. Mentre storicamente l’arte ha frequentemente rappresentato la violenza contro le donne come una forma di controllo e dominio, gli studi contemporanei hanno iniziato a decostruire queste immagini, esplorando il legame tra arte, potere e corpo.

Nel corso dei secoli, gli artisti hanno rappresentato la violenza contro le donne in forme diverse. Durante il Rinascimento, ad esempio, il mito di Giuditta e Oloferne, spesso dipinto da artisti come Caravaggio, rappresenta una figura femminile che compie un atto di violenza su un uomo. Questa iconografia, pur celebrando la forza e l’intelligenza di Giuditta, è anche una riflessione sul potere e sul controllo che le donne esercitano (seppur in modo esemplare e moralmente ambivalente). Tuttavia, altre rappresentazioni artistiche evidenziano la violenza contro le donne come oggetto passivo, come nelle rappresentazioni di Raffaello o nel Barocco, in cui la donna è spesso un corpo vulnerabile e sacrificale.

Le immagini di violenza contro il corpo femminile, seppur a volte cariche di simbolismo morale o religioso, sono state anche strumenti per perpetuare stereotipi di fragilità e sottomissione femminile. La fisiognomica di questi corpi dipinti spesso riflette non solo le emozioni e la sofferenza fisica, ma anche la costruzione culturale della donna come oggetto passivo di violenza e desiderio.

Negli ultimi decenni, gli studi di genere e le teorie femministe hanno fornito nuove chiavi di lettura per interpretare l’arte storica, rivelando le dinamiche di potere nascoste nelle rappresentazioni della violenza. Le femministe hanno sottolineato come molte immagini di violenza nell’arte occidentale riflettano una visione patriarcale della donna come oggetto di desiderio e controllo. La violenza di genere non è solo fisica, ma anche simbolica, riflettendo le disuguaglianze sociali e culturali che definiscono il posto delle donne nella società.

L’approccio contemporaneo alla fisiognomica della violenza, visto attraverso il filtro degli studi di genere, cerca di decostruire le rappresentazioni tradizionali. La violenza contro le donne, nei dipinti e nelle sculture, non è solo un atto estetico o simbolico, ma un meccanismo attraverso cui le disuguaglianze sociali e il controllo maschile si radicano nelle strutture culturali e visive. L’analisi di queste immagini attraverso la lente della teoria femminista evidenzia come l’arte possa essere stata un mezzo per perpetuare una visione patriarcale, ma anche come essa possa diventare un potente strumento di critica e resistenza.

La Violenza e la nuova fisiognomica dell’Arte

Con l’avanzamento delle teorie post-strutturaliste e post-coloniali, la fisiognomica nell’arte non è più solo un modo per decodificare il corpo attraverso il volto, ma si estende alla lettura delle dinamiche di potere e di rappresentazione. Oggi, la fisiognomica della violenza nell’arte occidentale si inserisce in un contesto critico che non solo mette in discussione le immagini storiche, ma anche le strutture di potere che le hanno generate e perpetuate.

Artisti contemporanei, come Jenny Holzer, Barbara Kruger o Cindy Sherman, utilizzano l’arte per mettere in discussione la violenza di genere, sia nel passato che nel presente. La loro arte sfida la fisiognomica tradizionale, rivelando come i corpi e le emozioni siano stati manipolati, frammentati e reinterpretati per esprimere un messaggio di resistenza. In queste opere, il volto e il corpo non sono più semplici veicoli di emozioni, ma spazi di lotta per un cambiamento radicale.

In questo contesto, la fisiognomica, un tempo utilizzata per giustificare stereotipi e pregiudizi, può oggi diventare uno strumento per rivelare le dinamiche di potere nascoste nelle immagini artistiche e per creare spazi di resistenza contro la violenza e l’oppressione di genere. Poeti, drammaturghi e pittori hanno spesso utilizzato la fisiognomica per dare forma visiva e verbale alla violenza di genere, rendendo espliciti quei segnali facciali, corporei e comportamentali che, se riconosciuti in tempo, potrebbero aiutare a prevenire il verificarsi della violenza.

Poeti e la Violenza di Genere: La mimica facciale come spia di abuso

Nella poesia, la violenza di genere è stata spesso affrontata indirettamente, attraverso il linguaggio simbolico e l’espressione di emozioni intense. Poeti come Emily Dickinson e Sylvia Plath, pur non trattando la violenza di genere in modo esplicito, hanno esplorato l’intensità emotiva che spesso precede e accompagna situazioni violente. La violenza, nei loro versi, si traduce in sensazioni di oppressione, solitudine e annientamento, che possono essere lette anche come segnali fisiognomici di un’anima soggetta a un trauma o a un abuso.

In particolare, in molte delle poesie di Sylvia Plath, come in Ariel o in The Bell Jar, la descrizione della sofferenza mentale e fisica delle protagoniste può essere letta come una riflessione sulla violenza di genere subita. I tratti emotivi e fisici delle sue protagoniste sono descritti con minuzia, come se le loro espressioni facciali, i gesti e le reazioni corporee fossero indice di una condizione di violenza psicologica e fisica. Il viso che si fa più teso, gli occhi che diventano vuoti e persi, la pelle che diventa più pallida e flaccida sono tutti indicatori di un abuso che si manifesta nella mimica facciale, un modo per rendere tangibile, nel corpo e nell’anima, l’effetto devastante della violenza.

Il pensiero fisiognomico in poesia può fare pensare alla contemplazione dei moti dell’animo, l’esplorazione di quel continente sconosciuto che Freud denominerà “inconscio”. Questa esplorazione con le parole è un meccanismo poderoso, che con la poesia affonda come una sonda nel cuore dell’uomo, in una zoomata che avvicina sempre di più l’oggetto dell’indagine.

Consapevole di tale potere quest’anno ho pubblicato il libro «Di un’altra voce sarà la paura», che tratta la violenza di genere in chiave poetica. Con questo libro nasce l’idea di trattare la parola come oggetto-stato d’animo che corre direttamente verso attitudini profonde, che traducono in immagini gli accostamenti e scatenano una visione sul fenomeno, trasmettendo ad altissimo livello il trauma delle donne abusate, nonostante si forzi la fantasia oltre i confini di plausibilità per creare il dramma. Sono entrata nella placenta fisiognomica delle parole per dare occhi, braccia e un volto ad ogni storia di violenza.

Violenza di Genere nel Teatro: Fisiognomica e Sperimentazione Drammatica

Il teatro, in particolare nel dramma tragico, ha trattato frequentemente la violenza di genere come un tema centrale. In opere come «Medea» di Euripide o «Othello» di Shakespeare, la violenza di genere non è solo un atto fisico, ma un’esperienza che può essere letta attraverso la fisiognomica e la mimica dei personaggi. In «Othello», ad esempio, la gelosia e l’insicurezza del protagonista sono rappresentate attraverso il suo volto e i suoi gesti, che si fanno sempre più tesi e angosciati, suggerendo una spirale di violenza che culmina nell’omicidio della moglie Desdemona.

Nel contesto della fisiognomica, il volto di Desdemona, di solito associato alla purezza e alla bellezza, diventa un segno di vulnerabilità. La sua mimica facciale, soprattutto nei momenti in cui si trova di fronte a Othello, riflette sia la paura che l’incomprensione della sua sorte, un destino segnato dalla violenza imminente. La violenza di genere, come mostrato nel teatro, non è solo un atto fisico, ma anche una manifestazione di potere e controllo, che può essere letta nei tratti del viso e nei gesti del corpo.

Alcuni drammaturghi contemporanei, come Sarah Kane in «Blasted», hanno esplorato esplicitamente la violenza fisica e psicologica come tema centrale delle loro opere, utilizzando il corpo e il viso dei personaggi per amplificare il dramma. La distorsione dei volti e l’espressione di orrore e sofferenza diventano un mezzo per evidenziare le ferite invisibili della violenza di genere, portando il pubblico a riconoscere questi segnali in modo più immediato.

La Pittura e la Fisiognomica della Violenza

Anche nella pittura, l’arte visiva ha giocato un ruolo cruciale nel rappresentare la violenza di genere e nel descrivere i segnali fisici e facciali associati a essa. La famosa scena biblica di Giuditta e Oloferne, rappresentata da artisti come Caravaggio, Artemisia Gentileschi e molti altri, non è solo una rappresentazione di un atto di violenza, ma anche un’espressione del potere e della resistenza femminile. La fisiognomica, in queste opere, è usata per esprimere il contrasto tra la vulnerabilità di Oloferne e la determinazione di Giuditta, con i tratti facciali di entrambi i personaggi che raccontano la tensione emotiva e il conflitto che sfocia in violenza.

Studi e teorie contemporanee sulla fisiognomica della violenza

Negli ultimi decenni, diversi studiosi di psicologia, sociologia e criminologia hanno cercato di esplorare i segnali premonitori della violenza di genere attraverso la fisiognomica. La ricerca scientifica in questo campo ha cercato di identificare quegli indizi nei comportamenti e nelle espressioni facciali che potrebbero suggerire una dinamica violenta in atto. Secondo alcuni studi, i tratti fisici e facciali come il volto contratto, lo sguardo fisso, o i segnali di aggressività nei tratti somatici sono spesso indicatori di intenzioni violente.

L’intuizione, alimentata dalla cultura, può aiutare a riconoscere questi segnali e a prevenire l’escalation della violenza. Ad esempio, una mimica facciale rigida o tesa, un cambiamento improvviso nel tono di voce, o un’espressione che tradisce un senso di impotenza o paura potrebbero essere segnali che anticipano atti di violenza. Riconoscere questi segnali, sia nelle arti che nella vita quotidiana, potrebbe fare la differenza tra l’intervento tempestivo e l’inevitabile escalation di un abuso.

Conclusioni: Le potenzialità dell’intuizione culturale

La fisiognomica della violenza di genere nelle arti ha il potenziale di fungere da guida intuitiva per riconoscere il fenomeno prima che accada. Poeti, pittori, drammaturghi e studiosi hanno sviluppato, nel corso dei secoli, una sensibilità che ci permette di decodificare i segnali premonitori della violenza attraverso il volto e il corpo. La cultura artistica, se letta con consapevolezza, può allargare il nostro riconoscimento di questi fenomeni, rendendoci più capaci di intervenire prima che la violenza prenda piede.

L’arte, in tutte le sue forme, non solo ci offre uno specchio della violenza di genere, ma ci invita anche a riconoscere i segnali prima che si trasformino in atti irreversibili, dando così un potenziale strumento di prevenzione. La fisiognomica, unita alla riflessione culturale, può diventare una potente risorsa per prevenire la violenza, creando una maggiore consapevolezza collettiva sui pericoli e sui segnali da non sottovalutare.

A cura Costantini editore redazione letteraria – Foto Yuleisy Cruz

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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