GUILLERMO CALDERON SCENEGGIATORE

Marco Brada era uno sceneggiatore sin dai tempi delle scuole elementari, scriveva infatti i testi dei monologhi da cinque minuti che l’insegnante di italiano e storia voleva realizzare come evento culturale, tramite una videocamera Philips Explorer VKR6875. Da grande, dopo aver frequentato un istituto tecnico, si iscrisse al DAMS con la dannata voglia di diventare un regista affermato. Dopo il primo anno di frequentazione, si rese conto di non aver abbastanza carattere per ambire ad un ruolo di quel tipo. Fu costretto, suo malgrado, ad optare per una professione per la quale non dovesse confrontarsi con un intero cast ma esclusivamente con il regista.

In pochi mesi partorì la bellezza di due cortometraggi, un documentario e un lungometraggio d’essai, al quale teneva tantissimo. Il regista che accettò di leggere i suoi testi, si concentrò sui corti considerandoli, tutto sommato, accettabili. Il resto, lo valutava adatto ad accendere il camino. Dei due cortometraggi, uno illustrava la giornata di una giovane barista al suo primo e ultimo giorno di lavoro mentre l’altro, molto più intimista, era ambientato nel laboratorio-negozio di un orologiaio alle prese con l’ora esatta. Il regista, tale Nick Verricello, pretese che per il corto “Se 500 caffè vi sembran pochi”, la barista fosse vestita con abiti succinti e si dirigesse ai tavoli dei clienti maschi con una camminata “hot” mentre per “L’ora illegale”, volle a tutti i costi che l’attore che interpretava l’orologiaio fosse vestito da Arlecchino.

Naturalmente, non furono ammessi a nessun concorso e quando vennero presentati alla sala d’essai del paese in cui viveva il regista, quest’ultimo rischiò il linciaggio da un gruppetto di ragazze agguerrite iscritte all’UDI. Marco allora, puntò tutto sul lungometraggio inviandone copia della sceneggiatura all’attore che lo aveva ispirato per il ruolo del protagonista, Dario Coppitelli, celebre per aver pubblicizzato un noto farmaco antidiarroico, il quale accettò con entusiasmo di partecipare al progetto riuscendo, a sua volta, a coinvolgere due colleghi per i ruoli di co-protagonista e antagonista. Sembrava tutto fatto quando la produzione, decise di intervenire drasticamente sul testo affidando la regia al cugino della madre di un noto politico della zona.

A quel punto, Marco Brada giunse alle mani con uno dei portaborse del produttore, mandandoli tutti a quel paese. Era oramai rassegnato ad accettare di entrare in società con un amico nella gestione di una lavanderia a gettoni, quando ricevette una telefonata da una sua ex che curava il palinsesto televisivo di un canale molto seguito a Berlino, la quale gli chiese se gli interessasse scrivere una sit-com da 24 puntate a stagione, ambientata in un teatro. Dopo due giorni, Marco aveva già pronta una puntata pilota e la “bibbia” della serie. Parlava di un teatro di provincia custodito da un quarantenne affetto da ciclotimia che, ogni giorno, si confrontava con il gruppo del settore tecnico, quello amministrativo, i componenti delle compagnie di giro e il personale di sala, per difendere con il coltello tra i denti la sua identità e il suo ruolo, quello di anima filosofica.

Un gatto che entra in scena ad ogni spettacolo mendicando croccantini dagli attori e un suggeritore senza fissa dimora che dormiva nella sua buca attrezzata per l’occorrenza, contribuirono, assieme al cast iniziale, a creare il fenomeno “Chi è di scena”, un successo strepitoso, tradotto in cinque lingue e riproposto nella versione tedesca, francese e inglese. La televisione, una volta nella vita, è stata costretta ad inchinarsi al cospetto del teatro. W il teatro. W Marco Brada.

A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto Imagoeconomica

Editorialista Marco Benazzi

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