Andrea Camilleri sosteneva che artista è colui che ha una costante percezione alterata della realtà. Nel mio lungo peregrinare nel mondo sospeso della cultura che parte dal basso, dove gli artisti puntano ad una carriera orizzontale lasciando quella verticale ai colleghi con la puzza sotto il naso, ho conosciuto parecchi artistə che avevano tra le mani un messaggio urgente da comunicare al mondo dei non lobotomizzati culturali.

Igor Nevrisky era il prototipo dell’artista libero di denunciare la società contemporanea attraverso le sue opere fatte di provocazioni e sarcasmo, facendosi conoscere in tutto il mondo popolato da individui lucidi. I temi trattati nelle sue opere che definire originali è perfino ovvio, spaziano dallo sfruttamento in ambito lavorativo, al potere oscuro dei mezzi di comunicazione attuali, fino ad arrivare ad una attenta analisi psico-antropologica su social network e new prostitution.

Denunciare la civiltà contemporanea, per un artista d’oggi, dovrebbe trasmettere più di uno spunto, oserei dire quasi un obbligo nei confronti di chi, per mezzo dell’arte, riesce a capire trame velate che altrimenti non noterebbe neppure. Le sue opere, sono realizzate in un enorme laboratorio ricavato all’interno di una discarica dove Igor, giorno dopo giorno, recupera oggetti gettati nel pattume solo perché non ritenuti più utili alle esigenze del consumatore “disposable”. Una volta effettuata la selezione, naturalmente dopo aver deciso il tema da denunciare, il maestro di origini lituane, suddivide in gruppi omogenei gli oggetti selezionati dagli enormi cumuli di spazzatura, poi utilizzando un granulatore e un polverizzatore industriale, riduce ai minimi termini ogni oggetto per poi collocare il ricavato, all’interno di una boccia di quelle che solitamente si usano per collocare il pesce rosso vinto al Luna Park, immerso in resina epossidrica trasparente così da ottenere un opera d’arte unica ed irripetibile, la quale trasmette perfettamente le angosce scatenate dal tema dell’opera.

Quando la resina solidifica, Igor rompe con delicatezza la boccia che la conteneva e, dopo una accurata operazione di lucidatura, l’idea del maestro finalmente si è trasformata in realtà. Tokio, New York, Berlino, Roma, ma anche Poggibonsi, Vetralla, Roccasecca e Gela, hanno esposto le opere del M° Nevrisky, e il suo è un pubblico che spazia dai 20 agli 80 anni. I suoi inizi sono stati molto, come dire, inquadrati. Aveva una passione al limite della morbosità per la pittura realista di Aleksej Savrasov, fondatore del genere lirico del paesaggio nella pittura russa, forse perché le sue opere erano così piene di sensibilità personale e intima nei confronti della natura, o forse anche perché, nonostante avesse raggiunto la popolarità grazie alla sua geniale visione dell’orizzonte natura, divenendo accademico all’età di 24 anni, stimato dai contemporanei e dalle autorità, morì povero e dimenticato a 67 anni e alle sue esequie erano presenti solo il custode della scuola d’arte di Mosca e il famoso gallerista Pavel Tretjakov. Quando Igor Nevrisky perse la sua prima moglie Irina, nel 2003, decise di creare un ciondolo a forma di cuore contenente la sua fede nuziale e quella di sua moglie, imprigionate per sempre nella resina colorata di azzurro cielo.

Quel ciondolo è sempre appoggiato sul suo cuore. Marc Chagall, sosteneva che la grande arte riprende da dove finisce la natura. Sono d’accordo.

A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto ImagoEconomica 

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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