Nell’inaspettato silenzio di una dimensione che pareva intersecarsi col mondo dei vivi, Marisa guardava il suo novantesimo compleanno. Niente festoni, né torte o brillanti candele da spegnere, ma quel giorno il tempo, totalmente irriverente, si comportava come un fiume che cambia corso.
Dopo 679 giorni d’assenza, i suoi pensieri leggeri come foglie trasportate dal vento danzavano. In questa sua nuova condizione, Marisa era un’eco, un pensiero errante che vagava tra ricordi ed emozioni di chi amava ora fissati in una galassia di attimi. L’immagine di Marco e Francesca, i suoi bambini, ballonzolava come un miraggio. Si sorridevano mentre tagliavano una torta, gli occhi persi in un legame invisibile ma palpabile. Massimiliano e Alessandro – i suoi nipoti – correvano intorno a un tavolo; la loro risata cristallina riempiva lo spazio, una melodia che le giungeva nitida, pur se da lontano.
Eccoli, pensava Marisa avvolta in una nebulosa di nostalgia. Cosa mi riguarda? Siamo ancora connessi o il ritmo del tempo ha spezzato il filo che ci teneva legati? Da qualche parte nel mondo, le cose continuavano a ruotare attorno a un sole imprevedibile, ma qui, in questa dimensione evanescente, il tempo si presentava come un’illusione, un parco giochi di specchi.
In maniera diffusa, sentiva il battito dei cuori delle persone care, pulsanti nell’etere. Marco, con l’aspetto di chi produce segnali nervosi, tentava di riannodare il passato; Francesca, più riflessiva, coglieva l’aria di festa e insieme la malinconia che permeava l’assenza. Le parole non dette fluttuavano fra loro come un canto senza tempo, una conversazione che si svolgeva sotto forma di sguardi e abbracci.
Marisa si gettò dentro quel turbine di emozioni, abbracciando il ricordo dei suoi novanta anni, ciascuno un’isola che aveva costruito con amore e fatica. Sentì le estati in giardino, il profumo dei fiori, la notte al racconto delle storie di uomini e dei, rendendo il mondo un luogo di avventure. Oggi, mentre i festeggiamenti continuavano nella dimensione terrena, una parte di lei danzava insieme al profumo dei dolci e al tintinnare dei bicchieri alzati in suo onore.
“Ho lasciato una vita di pagine scritte con inchiostro indelebile,” le frasi martellavano nella mente. “Ma ogni parola può essere un seme, un’idea che si disperde nell’universo.” Da quella dimensione lontana eppure familiare osservava le interazioni di chi amava e riempiva ogni frammento di gioia con la sua presenza invisibile.
E mentre la giornata volgeva al termine, Marisa poteva percepire di essere dentro quel cerchio di affetti, storie e ricordi che continuavano a vivere nell’anima di Marco, Francesca, Massimiliano e Alessandro. La sua essenza mescolata al respiro del tempo, eterno e impercettibile. E là, in quel momento, da quell’angolo di esistenza, si sentì non solo madre e nonna, ma anche custode di un amore che non conosceva limiti, perché l’amore, alla fine, è l’unico linguaggio che trascende il tempo e lo spazio.
Così, mentre il sole si ritirava dal cielo, Marisa sorrideva, un sorriso che si rifletteva negli occhi dei suoi cari, il vero regalo che il novantesimo compleanno le aveva donato: la certezza che le sue radici erano salde e che, in un modo o nell’altro, la vita continuava a danzare.
Buon compleanno Mamma.
A cura di Marco Bemazzi – Foro Redazione