UN BUROSAURO AL TEMPO DEL PORTALE
Enrico Travagliato, conosciuto da pochi come “Tuttostanco“, iniziava ogni giornata con lo stesso, inesorabile rito. Il suo appartamento, poco più grande di un ripostiglio e affacciato su un cortile che sembrava dimenticato da Dio, era un mare di carte, scadenze e polvere. Ogni mattina, il caffè che riusciva a strappare alla sua vecchia e stanca moka diffondeva un odore pungente che si confondeva con l’aria pesante e ferma del suo piccolo regno. I suoi capelli erano sempre un disastro, il pigiama consumato, e il suo sguardo, rivolto verso la finestra, raccontava tutta la fatica di chi ha imparato a sopravvivere più che a vivere.
Il suo impiego in municipio era, almeno per lui, una fuga strategica dall’umanità. Ogni mattina, dopo una doccia affrettata e una colazione a base di biscotti così duri da sembrare pietre, indossava l’uniforme del perfetto burocrate: camicia bianca, pantaloni grigi, sempre pronti per un funerale improvviso. L’unico tocco personale era quel cravattino spiegazzato che, sebbene di dubbio gusto, rappresentava l’unica traccia di personalità che Enrico si concedeva di mostrare.
Ambizioso? Non proprio. La sua carriera si era costruita attorno a incarichi di bassa manovalanza amministrativa, compiti che richiedevano il minimo sforzo e altrettanta responsabilità. L’obiettivo era semplice: scrivere verbali, archiviare documenti e annuire educatamente alle riunioni, come se fosse parte di un balletto burocratico perfettamente coreografato. Una vita che lo teneva al riparo da ogni forma di stress, dopotutto chi avrebbe potuto essere più stanco di lui?
Era un mercoledì qualunque, quando la sua routine di timbri e scartoffie venne interrotta da un imprevisto. Stava per infilarsi, in automatico, il suo giubbotto quando Carla, la segretaria, un turbine di energia e ambizione, bussò con decisione alla sua porta. “Enrico, ci hanno convocato tutti per una riunione col sindaco!” esclamò, visibilmente elettrizzata. L’aria che portava con sé aveva un che di nuovo, quasi scoppiettante.
“Una riunione? Non mi risulta nulla in programma,” rispose Enrico, vedendo già la sua giornata scivolare via in un vortice di noie aggiuntive.
“È per la nuova iniziativa sulla sostenibilità! Dobbiamo presentare un piano e… ho bisogno del tuo aiuto,” continuò Carla, già dentro l’ufficio, apparentemente ignara del crescente disagio di Enrico.
“Aiuto?” mormorò lui, quasi balbettando. “Non sono esattamente il tipo da queste cose… lo sai, no? Mi piacciono le pratiche standard.”
Carla lo fissò con un sopracciglio alzato, il suo sguardo tagliente. “Enrico, siamo qui per un motivo. Serve solo un po’ di buona volontà.”
La parola “volontà” risuonò in lui come un’eco sgradita. Non gli era mai piaciuta. Eppure, qualcosa nel suo sguardo pieno di vita lo spinse a riflettere. E se avesse provato a cambiare? Pensieri mai avuti prima cominciarono a turbinargli nella testa come foglie al vento; aveva sempre scelto la strada più facile, ma ora l’idea di trascorrere una giornata intera parlando di sostenibilità lo lasciava vagamente inquieto.
Così, senza quasi accorgersene, si ritrovò nella sala del consiglio, seduto in mezzo ai colleghi. Il sindaco, un uomo carismatico, con un debole per i lunghi discorsi pieni di entusiasmo, parlava di rifiuti da ridurre, natura da salvare, e di un futuro migliore per la città. Tuttostanco ascoltava con un orecchio, quasi in uno stato di dormiveglia, ma quell’energia nuova cominciava piano piano a fare breccia in lui.
A un certo punto, il sindaco lo chiamò in causa. “Travagliato, che ne pensi? Come possiamo coinvolgerti attivamente nel progetto?”
La pressione divenne tangibile. Enrico sentì il cuore accelerare, un battito di panico che gli tamburellava nel petto. Non era mai stato chiamato a pensare davvero. Eppure, qualcosa dentro di lui si spezzò. “Beh, potremmo… potremmo coinvolgere i cittadini in un concorso creativo per il riciclo. Un modo divertente per avvicinarli alla sostenibilità.”
Tutti lo fissarono. Enrico, il Tuttostanco, l’uomo delle pratiche inutili, stava proponendo un’idea concreta. Il sindaco sorrise, prendendo nota con entusiasmo, mentre Carla gli lanciava uno sguardo misto di sorpresa e ammirazione.
Da quel giorno, Enrico si trovò immerso in un nuovo mondo che mai avrebbe immaginato. Le riunioni e i brainstorming sostituirono la monotonia delle sue vecchie scartoffie, e le idee cominciavano a scorrere come fiumi in piena. Nei momenti di pausa, lui e Carla ridevano insieme, e per la prima volta, il suo mondo non sembrava più così grigio.
La settimana culminò in un evento pubblico in piazza. Enrico, col suo solito abito troppo formale, si sentiva diverso. Tra la folla, vide persone sorridenti, entusiaste di sporcarsi le mani per un futuro migliore. “Ero un burocrate,” pensò, “ma adesso… ora sono un agente del cambiamento.”
Per la prima volta, Tuttostanco si sentiva vivo. La stanchezza che lo aveva accompagnato per anni iniziava a svanire, sostituita da una sorta di euforia contagiosa. Tra i discorsi e le nuove idee, la sua città si trasformava, e con essa, lui stesso riscopriva un’energia che pensava di aver perso da tempo.
A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto ImagoEconomica