In provincia di Frosinone (a Ceccano) è stato inaugurato il primo “impianto pilota “per ricavare le “terre rare” dai magneti, e ciò grazie al cofinanziamento europeo e un consorzio di aziende.

Le “terre rare”, secondo la definizione della IUPAC (Unione Internazionale di Chimica pura e Applicata) in inglese ( rare-earth elements o rare-earth metals) sono: ” un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica, precisamente scandio, ittrio e i lantanoidi. Scandio e ittrio sono considerati “terre rare” poiché generalmente si trovano negli stessi depositi minerari dei lantanoidi e hanno proprietà chimiche simili”. Quindi si tratterrebbe di un vero e proprio combustibile per la transizione green!.

Ma torniamo al progetto che è partito a settembre dello scorso anno, in attuazione di un programma europeo “New-Re” è supportato da Eit Raw Materials, il più grande consorzio mondiale delle materie prime. Il progetto nasce, anche, con la collaborazione di aziende privale quali: Erion, Osai, Ku Leuven, Treee, Smart Waste Engineering, Glob Eco e l’Università degli Studi dell’Aquila.

Naturalmente, parliamo di riciclo. L’impianto di Frosinone si trova nello stabilimento di Ceccano, Itelyum Regeneration, ed è in grado di trattare, recuperare più di 2000 tonnellate all’anno di magneti permanenti provenienti da hard disk e motori elettrici a fine vita. E da questi materiali potranno essere ricavate 500 tonnellate di terre rare. In quanto l’impianto è dotato di un innovativo processo idrometallurgico, sviluppato e brevettato dall’Università dell’Aquila (Già! L’Aquila dal terremoto del 2009 a risorse scientifiche da credersi con plauso e stupore). E, tanto per una non sciocca ironia: va a finire che Trump voglia anche quelle di Frosinone!

L’impianto consente una pulitura a basso impatto ambientale delle terre rare attraverso soluzioni acide organiche riutilizzabili fino a ben 5 volte.
L’amministratore delegato della “Itelyum Regeneration”, Marco Codognola afferma che “la strategia del riciclo delle terre rare rappresenta una sfida cruciale per l’Italia e per l’Europa, perché attraverso pratiche di “urban mining”(Il processo che ricava nuova materia dai rifiuti elettrici, rifiuti solidi urbani e altri prodotti) e tecniche innovative come l’idrometallurgia, possiamo ridurre la vulnerabilità geopolitica, migliorare la sostenibilità e favorire l’indipendenza economica”.

Il fine di questa bella iniziativa è quello di ridurre la dipendenza Europea dalle importazione di “terre rare” dai paesi quali, fra gli altri, la Cina, la Russia e l’Africa.

Francesca Brugnettini

A cura di Francesca Brugnettini editorialista – Foto Redazione

Editorialista Francesca Brugnettini

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