JUSTIN WELBY ARCIVESCOVO DI CANTERBURY

L’arcivescovo di Canterbury, a capo della Chiesa d’Inghilterra, si è dovuto dimettere a fronte delle forti pressioni e accuse di non aver fermato gli abusi sessuali e psicologici nei confronti di minorenni.

Justin Welby si dimette: il capo della Chiesa anglicana travolto dallo scandalo degli abusi sessuali.

Justin Welby, 68 anni, sposato e padre di tre figli la massima carica della Chiesa anglicana dopo il re, sostiene di essere stato all’oscuro dei crimini compiuti da John Smyth, un avvocato che gestiva i campi giovanili cristiani, accusato di abusi su minori. La posizione dell’arcivescovo però è diventata insostenibile e si è dimesso, accusato di non aver investigato sul caso e di non aver rivelato ciò di cui era a conoscenza.

L’arcivescovo di Canterbury, fino a poco tempo fa, sosteneva di non aver mai avuto sospetti riguardo agli abusi su minori al centro dello scandalo, ma la decisione di dimettersi, è arrivata martedì, a seguito di un’inchiesta secondo la quale egli non aveva informato la polizia, dopo essere venuto a conoscenza di abusi fisici e sessuali commessi a più riprese sui giovani partecipanti ai campi estivi ecclesiali.

Dopo le prime rivelazioni, alcuni membri del Sinodo generale, l’assemblea nazionale della Chiesa anglicana, avevano lanciato una petizione per chiedere a Welby di dimettersi, affermando che aveva “perso la fiducia del suo clero”.

Come si legge sul “Guardian”, un recente rapporto indipendente aveva rivelato l’attività condotta dal molestatore seriale strettamente legato alla chiesa anglicana: tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, prima nel Regno Unito e poi in Zimbabwe e Sudafrica (dove John Smyth si era trasferito), erano stati presi di mira e violentati 130 ragazzi.

Ciò che le indagini stanno portando alla luce è dunque un’azione di insabbiamento condotta dai vertici religiosi, a partire dallo stesso Welby che – secondo l’accusa – sarebbe stato a conoscenza degli abusi dal 2013.

A cura di Elisabetta Turci – Foto ImagoEconomica 

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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