Se ne è andato Quincy Jones un musicista, un artista di una spiccata cultura musicale. Il grande arrangiatore, compositore, direttore d’orchestra ha saputo distribuire diversi generi musicali, da quelli afroamericani al Jazz, al Rhythm’s and Blues, al Funky, ma anche le colonne sonore prodotte per celebri film di Hollywood, ma anche quando andò in Francia per diventare il direttore artistico della Barkley Records, chiamato proprio da Eddie Barkley fondatore ed impresario dell’etichetta discografica. Con Barkley incidevano i grandi artisti francesi da Charles Aznavour, a Dalida, da Enric Salvador e a tanti altri cantanti francesi.
La sua vita è stata, costellata di successi strepitosi. Portati all’apice da tanti artisti internazionali nel mondo. Ma anche quando ritornò negli Stati Uniti, continuò a produrre e arrangiare progetti di altri cantanti come Barbra Straisand, Frank Sinatra, George Benson; è poi stato l’ideatore anche del brano “We Are the World“, cantata da vari artisti internazionali. Molti quotidiani nazionali hanno dato la notizia della morte di Quincy Jones, tra questi il quotidiano “Internazionale”, con un articolo di Daniele Cassandro, dal titolo: “Quincy Jones, l’uomo che capiva la musica“.
“Quincy “Delight” Jones Jr e morto a Los Angeles, negli Stati Uniti, il 3 novembre 2024 all’età di 91 anni. Nella sua vita è stato arrangiatore, compositore, musicista e produttore televisivo. Soprattutto però è stato un produttore musicale: si può dire che la professione del produttore come la concediamo oggi l’abbia inventata lui. Se oggi un buon produttore è un musicista che mette a punto un suono, uno psicologo che capisce gli artisti con cui a che fare, un manager a suo agio nel business è un sismografo sensibilissimo della contemporaneità, è perché per più di 70 anni a fare questo lavoro ai massimi livelli c’è stato Quincy Jones”.”… Nella sua autobiografia Q (uscita senza troppo successo nell’ottobre 2001, all’indomani degli attentati dell’11 settembre), Jones descrive dettagli terribili della sua vita da bambino negli Stati Uniti della grande depressione. Sua madre Sarah era una donna colta e intelligente con gravi disturbi psichici che un brutto giorno fu portata via di casa in una camicia di forza. Negli anni Trenta i manicomi non erano bei posti e lo erano ancor meno per i pazienti neri.
La bisnonna di Quincy Jones per parte paterna era stata una schiava in Louisiana e anche questa è una notazione che Jones ci tiene a fare all’inizio del libro: il razzismo, l’ingiustizia e la diseguaglianza li riconosce con estrema lucidità fin dall’infanzia. Anche nelle sue più recenti interviste Jones non fa che ricordare che il razzismo è stata la grande piaga sociale degli Stati Uniti e che la schiavitù è stato il peccato originale che il suo paese non ha mai davvero voluto espiare. Quando nel 1977 compone la musica per il primo episodio della miniserie televisiva Radici, una saga di grande successo che comincia con la tratta degli schiavi in Gambia nel 1750 e finisce negli Stati Uniti con la fine della Guerra Civile, Jones la affronta come se fosse una suite sulle origini profonde della musica. Afroamericana. Non c’è neanche un ombra di jazz nella musica che compone per Radici, ma un’appassionata rilettura di musiche tradizionali africane della loro introduzione segreta nella coscienza dei neri d’America. Eppure il jazz, il be-bop della fine degli anni Quaranta, è la musica che fa di lui un professionista e lo sottrae al meccanismo disumanizante dei Ghetti neri di Chicago in cui stava crescendo.da bambino voleva fare il gangster perché sembrava essere l’unica carriera possibile per lui ma da ragazzo la musica gli dà un riscatto sociale che mai avrebbe avuto altrimenti.
Quando nel 1991 Quincy Jones convinse Miles Davis a rivisitare con lui la sua grande musica degli anni Cinquanta (quella manciata di album epocali arrangiati dal Gil Evans al Festival di Montreux dietro c’è anche un grande amore per il jazz e il be-bop, e attraverso un divo come Miles Davis vuole incalzare un ultimo, imponente monumento alla musica salvifica della sua giovinezza.
Davis non voleva tornare sulla musica vecchia, ma Quincy Jones ha talmente istintive alla fine ha dovuti cedere. Da quelle registrazioni viene tratto l’album “Miles & Quincy – Live at Montreux” che esce nel 1993, dopo la morte di Davis. Quincy Jones aveva il carisma, la cultura musicale e i modo decisi (vagamente d ganster, per la verità) per riuscire a convincere anche un artista tanto leggendario quanto impossibile come Miles Davis a piegarsi alla sua visione. ‘L’anello di Sinatra’.
“Quincy Jones compone la sua musica, ma alla fine degli anni Cinquanta si impone come arrangiatore e band leader. E anche allora ha una visione chiara: sa come la musica deve suonare per piacere, per sedurre e per avere successo. Riascoltate Vaughan with Violins, un albumdel 1959 della grandissima cantante jazz Sarah Vaughan. E in particolare Misty, che per la cantante diventò una signature song, una canzone-firma. Gli arrangiamenti orchestrali di Quincy Jones sono fastosie proiettano la voce di Sarah Vaughan lontanissimo dai fumosi locali jazz in cui si era formata: la trasfigurano in una sorta di fascinosa, sensuale sirena hollywoodiana.
I confini già labili tra jazz vocale e pop sofisticato si fanno ancora più sfumati e il canto della Vaughan è purissimo, universale, senza alcuna connotazione storica o razziale. Oggi sentire cantare Sarah Vaughan in questo modo ci sembra un’avventura, ma non lo era nell’industria musicale profondamente razzializzata dell’America della fine degli anni Cinquanta. In quegli anni poi lavora Frank Sinatra (che gli regala un suo anello di famiglia) e 1963 con You don’t own me di Lesley Gore arrangia il suo primo, grande successo pop, un 45 giri epocale della musica pop, un genere di cui Quincy Jones sarebbe diventato in futuro una sorta di re Mida. Jones sa che la musica è una sola,al di là di qualunque steccato di genere o di qualunque automatismo culturale o industriale. In questo senso Quincy Jones, che per tutta la vita è stato associato allo show business americano, aveva una sensibilità molto legata alle avanguardie musicali europee. Una sensibilità che ha sviluppato studiando, nella Parigi degli anni Cinquanta, con compositrice, direttrice d’orchestra Nadia Boulanger (1887-1979). La Boulanger era stata l’insegnante di compositori come Philip Glass, David Baremboim, Astor Piazzolla e Aaron Copland. “Erano i tipi più tosti quando si trattava di quel tipo di musica”, scrive Jones nella sua autobiografia. “Erano gli anni Cinquanta, ricordatevelo sempre, e la classica era considerata quel tipo di musica e noi eravamo solo dei neri o dei colorati’ (…)”.
Nel libro Jones descrive il suo incontro con la Boulanger, l’insegnante che si faboleggiava avesse rifiutato George Gershwin nonostante le fosse stato raccomandato da Mourice Ravel. E da lei impara che la musica non ha limiti, tantomeno limiti razziali. La stessa Boulanger prima di morire ha ricordato che tra tutti i grandi musicisti che lei aveva conosciuto i due che più hanno avuto influenza sulla musica del Novecento erano stati Igor Stravinskij e Quincy Jones. Nadia Boulanger moriva proprio nel 1979, l’anno in cui Quincy Jones stava lavorando al progetto che lo avrebbe reso un monumento della musica pop e un padre fondatore dell’industria musicale come la conosciamo oggi.
Quel progettoera un giovane artista già molto noto ma on piena crisi esistenziale: Michael Jackson. Producendo il suo album Off the wall Quincy Jones orchestra la nascita della storia e lo fa costruendo per lui un suono che trasfigura la blackness della disco musica e del soul nella purezza e nell’università del pop radiofonico più accettabile per i bianchi. Basta ascoltare due brani di quell’album per capire cosa avesse in mente Jones. Rock with you e un pezzo disco-funk reso diacono da un’arrangiamento orchestrale delicatissimo che ne esalta gli aspetti più melodici, soprattutto nel bridge che sfocia in un ritornello botta e risposta con i cori, che ha un andamento quasi da Gospel.
A fare da motore propulsore al tutto una linea di basso irresistibile che la rende perfetta per la pista da ballo e per le radio di tutto il pianeta. Rock with you e pop music pensata da una mente musicale dalle risorse inesauribili e cantata da un grande artista che sta trovando la sua vera voce. She’s out of my life è invece una ballata orchestrale molto classica e molto poco black.
Quanto parte l’introduzione ci si aspetterebbe di sentire Barbra Streisand e invece entra la voce di questo ragazzo, un epiceno senza età, dotato di una vocalità cristallina e di un mestiere che gli permette di rompere la voce magistralmente sul finale per simulare un singhiozzo di commozione. Il lavoro di Quincy Jones con Jackson continua con gli album Triller (1982, il disco più venduto della storia del pop) e Bad (1987) ma la sua visione rimane quella: creare,un suono sempre più aggiornato per fare brillare una voce e un personaggio sempre più staccato dalla realtà e proiettato in un mondo di artificio, d’illusione e di favola.
E poi c’è la scelta dei pezzi: Thriller e Bad non contengono pezzi deboli, ogni canzone è un potenziale singolo da numero uno in classifica. Il successo trasversale e senza precedenti di Michael Jackson e il frutto di una consapevolezza musicale industriale che Quincy Jones aveva affinato fin dagli anni Cinquanta. Nessuno poteva capire Michael Jackson come lui: il dramma dell’infanzia mancata, un’industria musicale razzista che lo voleva confinato in un segmento di mercato ben preciso, ma soprattutto un’ambizione divorante, un senso di rivalsa nei confronti della famiglia, della società e dell’industria che lo aveva sfruttato da quando era nato. Quincy Jones vede tutte queste cose in Michael e le trasforma in musica pop luccicante e leggera, tanto studiata quanto popolare , tanto complessa nella messa a terra quanto semplice nella fruizione”.
(Il testo virgolettato è stato tratto dal quotidiano Internazionale, “Quincy Jones, l’uomo che capiva la musica”, a cura di Daniele Cassandro. Giornalista internazionale; 4/11/2024 – internazionale.it).
Quincy Jones, il grande compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra nasce a Chicago il 14 marzo del 1933. Egli è statoil più celebrato produttore della storia contemporanea , in special modo nella Musica Jazz e della Black Music. Durante i suoi oltre settant’anni di carriera nell’industria musicale e dell’intrattenimento. Quincy Jones e stato trombettista,
compositore, arrangiatore, produttore discografico, direttore musicale,
band-leader e attore cinematografico e televisivo. Il suo lavoro gli ha fruttato 26 Grammy Awards su 76 nomination 1 Grammy Legend Awards nel 1991. Nonostante tutto, Jones rimane principalmente conosciuto al grande pubblico per avere prodotto l’album, Triller del cantante Michael Jackson e per avere prodotto e diretto la canzone-evento, We Are the World. È stato anche uno dei produttori esecutivi per la serie televisiva Willy, il principe di Bel-Air. Quincy Jones trascorse i primi anni della sua infanzia a Chicago, sua città natale, tra le difficoltà economiche e la malattia mentale di sua madre Sarah. A casa scoprì la musica suonando il pianoforte da autodidatta, mentre a scuola imparò a suonare la tromba regalatevi dal padre, Quincy Delight Jones I.all’età di dieci anni si trasferì con la famiglia a Bremerton, nei dintorni di Seatle, dove diventò amico di un pianista non vedente, di nome Ray Charles. Ancora adolescenti Quincy e Ray formarono un duo e cominciarono a esibirsi di pomeriggio al Tennis Club di Seatle, mentre la sera in un Jazz Club conosciuto oggi come Pionner Square.
Nel 1951 all’età di diciotto anni, Jones vinse una borsa di studio al Berklee College of Music di Boston, ma ben presto abbandonò gli studi per intraprendere una tournée come trombettista con la band del leggendario Lionel Hampton. Pur pagato con la cifra irrisoria di 17 dollari al giorno, Quincy restò con Hampton ben quattro anni, cercando di capire tutti i segreti del mestiere di musicista. Le big band avevano ancora un loro pubblico in quegli anni, ma il jazz stava perdendo la caratteristica di musica “popolare” e andava trasformandosi in qualcosa di sempre più elitario. Quincy Jones, pur un bravo musicista competente come trombettista, non aveva però il talento di un Dizzy Gillespie o di un Art Farmer, e non era capace di grandi virtuosismi come Fats Navarro o Clifford Brown, ma mentre viaggiava, cominciò a mostrare un inusuale dono del comporre e arrangiare le canzoni. Un significativo passo nella sua carriera fu la stesura e la guida degli arrangiamenti per il celebre disco della cantante Helen Merril con il trombettista Clifford Brown, considerato un capolavoro dai critici jazz e dal pubblico. Di ritorno a New York City Jones, ricevette numerose proposte da parte di artisti come il pianista e bandleader Count Basie, per il quale divenne uno degli arrangiatore principali, di Sarah Vaughan, di Betty Carter, di Dinah Washington, di Gene Krupa e del suo vecchio amico Ray Charles, che gli chiedevano nuovi arrangiamenti per i loro brani. Nel 1956 venne ingaggiato dal trombettista Dizzy Gillespie e dalla sua formazione per un nuovo tour in Medio Oriente e in Sud America, sponsorizzato dal Fipartimento di Stato degli Stati Uniti. Al suo ritorno in patria Jones ottenne un contratto dalla ABC Paramount Records e iniziò una propria carriera discografica come leaderdi una big band personale.
Nel 1957 si trasferì a Parigi e studiò teoria e composizione musicale con due leggende della musica come Nadia Boulanger e Oliver Messiaen. Egli diventò direttore musicale della Barklay Disques, casa discografica distributrice della Mercury Records in Francia, scrivendo arrangiamenti per Henri Salvador, Charles Aznavour e Jacque Brel. Diresse poi l’Orchestra con cui accompagnò Billy Eckstine in un concerto che diventò un’opera discografica, in platea vi era il “ghota” degli artisti internazionali afro-americanani della Musica Jazz, per vedere il suo giovane talento alle prese con il più grande del genere. Intanto girava l’Europa con la sua band personale, con la quale aveva messo in piedi uno spettacolo basato sul musical “Free and Easy” di Harold Arlen; pur risquotendo il meritato successo, Jones non era in grado di far quadrare i bilanci con un’orchestra di ben 18 elementi e si ritrovò in breve tempoin una pesante crisi finanziaria. Irvin Green capo della Mercury Records, lo richiamò negli Stati Uniti e lo aiutò a risollevarsi fornendogli un prestito e promuovendo a direttore della divisione di New York City. Si trovò così a lavorare per artisti quali Frank Sinatra, Barbra Streisand e Tony Bennett. Nel 1964 Jones sarebbe arrivato addirittura ad occupare la posizione di vicepresidente dell’intera compagnia, diventando il primo afro-americano ad assumere una carica così alta. Nello stesso anno, il 1964 superò un’altra barriera sociale, spinto dell’invito del regista, Sidney Lumet, iniziò a comporre la prima delle sue numerose colonne sonore di successo con “The Pawbroker ‘L’uomo del banco dei pegni’. Nello stesso anno lavorò anche in Italia, arrangiano il 45 giri di Tony Renis, “Cara fatina / Lettera a Pnocchio, pubblicato dalla CGD, Messaggerie Musicali di Milano, e lavorando con Phil Ramone come tecnico del suono. Il disco venne inciso in sette lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco, svedese e giapponese) e pubblicato in varie nazioni. Bastò però Dolo un cenno da parte di Hollywood per farlo dimettere dalla Mercury Records e farlo trasferire a Los Angeles, in California per dedicarsi alla composizione di colonne sonore tempo pieno; alcuni dei suoi lavori più celebri sono: La vita corre sul filo, del 1965, di Sidney Pollack, A sangue freddo, del 1967, di Richard Brooks, La calda notte dell’ispettore Tibbs, del 1967, di Norman Jawison, L’oro de Mckenna, del 1969, di J. Lee Thompson, Fiore di cactus, del 1969, di Gene Saks e Getaway, del 1972, di Sam Perckinpah. Altrettanto note sono le musiche scritte per alcune trasmissioni televisive, tra cui Ironside, Sanford and Son, Radici e The Bill Cosby Show. Neglivanni Sessanta Jones brillante anche come compositore e produttore discografico; la,sua straordinaria abilità nel miscelare sapientemente suoni appartenenti ai più disperati generi musicali diventò ben presto il suo marchio di fabbrica. Esordì nel pop giovanile con l’arrangiamento di un successo del 1963, It’s My Party di Lesley Gore. Nei successivi trent’anni della sua carriera di Quincy Jones e le sue produzioni per alcuni dei più importanti artisti internazionali, tra i quali, Miles Davis, Frank Sinatra, Nana Mouskouri, Dinah Washington e Michael Jackson, influenzarono molto il panorama della musica.
Tuttavia non cessò mai del lavoro di produzioni proprie,, come Bin Band – Bossa Nova (rilanciata quarant’anni dopo come colonna sonora dei tre film della serie Austin Powers), Walking in Space. GULA Matari, Smack Water Jack, Body Heat, Mello Medness, I Heard That e The Dude. Quincy Jones inoltre produsse due opere discografiche anche in Italia. Il primo è il già ricordato 45 giri di Tony Renis del 1964, il secondo nel 1973, per un singolo della cantante Lara Saint Paul, che conteneva i brani Non preoccuparti / Adesso ricomincerei, di cui Jones curò gli arrangiamenti e per cui diresse l’orchesta. Per le registrazioni in studio scelse, tra gli altri, i musicisti italiani i sassofonisti tenori Gianni Basso e Gianni Bedori, il trombettista e flicornista Oscar Valdambrini, il contrabbassista al basso elettrico, Tullio De Piscopo alla batteria, Angel “Pocho” Gatti e Vittorio Bacchetta in arte Victor Bach al pianoforte. Nel 1974 la carriera di Quincy Jones subì una battuta d’arresto per un aneurisma celebrale a causa del quale dovette sottoporsi a due interventi delicati chirurgici e a un periodo di convalescenza. Da allora gli fu proibito di suonare la tromba, per evitare pericolosi aumenti di pressione sanguigna intracranica.
Sul set del film musicale The Witz, rifacimento funky del Mago do Oz, Jones incontrò Michael Jackson, che gli chiese di produrre il suo album successivo da solista. Il risultato fu “Off the Wall”, quest’opera discografica raggiunse i 30 milioni di copie vendute, facendo di Jones ilpiu potente produttore discografico dell’industria musicale. Jones e Jackson continuarono a collaborare anche al progetto della seconda opera discografica “Triller”, l’album più venduto di tutti i tempi, 110 milioni di copie vendute. E Bad, che invece arrivò a 45 milioni, dopo di che le strade si separavano. La grande fortuna accumulata permise a Quincy Jones di investire sulla musica acquistando i diritti d’autore di circa 1600 titoli; nel 1985 Jones realizzò la colonna sonora del film Il Colore Viola del regista Steven Spilberg, interamente girato con attori neri.
In quello stesso anno Quincy Jones riuscì a portare in sala in sala di Incisione il cantante Frank Sinatra per l’album “Los Angeles is my Lady”, la cinquasettessima e ultima opera discografica del cantante e attore italo-americano, pubblicato nel 1984 e prodotto dal genio solare arrangiatore Quincy Jones. Nel 1996 il Jazz Festival at Montreaux dedicò un evento importante, un concerto per i 50 anni di attività musicale a Quincy Jones. A fare gli onori di casa e stato il fondatore del festival jazz, il direttore artistico Cloude Nobs. La serata fu veramente bella molta gente in platea ad applaudire Quincy Jones che diresse una grande big band formata da giovani musicisti la In-House Band.
(A proposito guardare il concerto che accompagna questo articolo – tratto da Youtube).
Inoltre la Listen Up Fondation di Quincy Jones raccolse fondi nel 2001 per la costruzione di case in Sud Africa.
Jones ha poi organizzato un concerto dal vivo a Roma, con la partecipazione, di grandi artisti di livello internazionale da, Carlos Santana,Alicia Keys, Angelina Holie, Oprah Winfrey, Evander Holyfield e Chris Tucker, concerto trasmesso da molte reti televisive in varie parti del mondo e seguito da oltre mezzo milione di spettatori. Quincy Jones è morto il 3 novembre del 2024, nella sua casadi Bel Air, a Los Angeles, all’età di 91 anni.
A cura di Alessandro Poletti esperto di musica Jazz – Foto Repertorio