Quando un nostro caro “si avvia”, lascia un vuoto difficile da colmare. Se si tratta di un genitore, quel vuoto può trasformarsi in un pozzo di San Patrizio, se poi chi ci lascia è nostra madre, laprofondità diventa di proporzioni simili a quella della Fossa delle Marianne.
Perdere lo status di figlio, dall’oggi al domani, spezza definitivamente quel cordone ombelicale virtuale che ci legava alla donna che ci ha dato la vita. Non ci sarà più nessuno che, vedendoti avanzare verso la poltrona dove di solito riposava, ti chiede visibilmente preoccupata perché il tuo sguardo è offuscato da nuvole minacciose; nessuno ti chiamerà più “nanì” o “babìn” nonostante tu sia in età da pensione; nessuno che ti abbraccerà e ti accarezzerà con la grazia e l’amore di chi ti ha visto crescere, è stata tua complice e dispensatrice di consigli e questo sarà l’eredità maggiore che ti troverai a custodire per sempre, ricordandola ogni volta che ti affacci alla finestra dove ti fermerai ad osservare i meravigliosi annidella tua infanzia.
Ma a mio modesto avviso, uno dei pochi legami indissolubili, spesso frutto di segreti inconfessabili, è proprio quello che continueremo ad avere con chi ci ha generato. L’invisibilità e il silenzio, non possono impedirci di restare in contatto con un caro estinto. Quando avrai un dubbio che ti porterà a rimuginare per troppo tempo, rubandoti anche il sonno; quando sarai costretto a fare scelte difficili, seguendo strade bianche e tortuose; quando la felicità che starai vivendo ti porterà ad urlare al cielo il tuo stato d’animo, ecco in quel preciso momento, guardati intorno e di certo ti accorgerai che una farfalla è posata accanto a te. Quella farfalla ti seguirà a distanza, lungo tutto il tuo percorso vitale, estremamente silenziosa perché una leggenda narra che le farfalle non hanno voce, ma quando vengono liberate volano fino al cielo e sussurrano i nostri desideri all’orecchio di Dio.
A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto Redazione
