Con questo lavoro discografico “Overpass, registrato il Brasile nel 2018, Marc Johnson porta un contributo decisivo e intrigante alle registrazioni di contrabbasso solista per la casa discografica tedesca ECM Records. È un’album che prende nota di quella tradizione (Johnson ha detto che Emerald Tears del suo collega Dave Holland era tra le registrazioni soliste che hanno acceso la sua immaginazione quasi mezzo secolo fa) e vi si basa in modo personale e fantasioso.
Il contrabbassista Marc Johnson nato in Nebraska si è fatto conoscere per la prima volta alla fine degli anni Settanta come membro dell’ultimo trio del pianista Bill Evans, dove con il brano “Nardis” è diventato effettivamente laboratorio di scoperte notturne sul potenziale del contrabbasso come voce solista. Il brano del grande trombettista Miles Davis, a lungo associato a Evans, viene qui rivisitato. Come sottoline Johnson, “Nardis” e dove dove sono iniziate tutte le esplorazioni del contrabbasso solista per me e questa performance distilla gran parte della concezione e del vocabolario che sto usando in tutto questo album”. Anche “Love Theme from Spartacus” di Alex North, un altro brano che a Evans piaceva suonare, è presente in un’interpretazione e un arrangiamento che onorano forma della composizione.
Johnson affronta anche “Freedom Jazz Dance” di Heddie Harris, i cui impulsi danzanti hanno a lungo ispirato gli improvvisatori, e presenta cinque dei suoi pezzi. Tra questi c’è “Samurai Fly”, una rielaborazione di “Samurai Hee How, il brano Western con venature orientali che Marc abeva precedentemente registrato per l’ECM Records tedesca con la sua band Boss Desirée, il quartetto molto influente con le chitarre gemelle di Bill Frisell e John Scofield e la batteria di Peter Erskine, e poi con il John Abercrombie Trio. Questa versione, una delle due tracce che utilizza una discreta sovraincisione, è più prsantedelle precedenti, forse più Sumo che Samurai, suggerisce ironicamente Johnson, ma comunque agile ed efficace, e con un forte accennò di violino basso bluegrass nelle sue correnti sotterranee.
La musica di Marc Johnson è da tempo aperta a influenze provenienti da più fonti e “Whorled Whirled World”, ad esempio con i suoi motivi tassellatie l’energia rotante e danzante allude sia a una sorta di modello musicale globale e terroso, sia alle qualità ipnotiche della ripetizione minimalista. Pulsazione e spinta hanno ruoli importanti in tutta l’opera discografica.
Di “And Strike Each Tuneful String” Johnson dice: “All’inizio degli anni Ottanta ho fatto una scelta consapevole di provare a portare qualcosa di primordiale al mio suono e alla mia concezione di suonare. Ho scoperto una registrazione sul campo realizzata alla fine degli anni Sessanta da musicisti del Burundi. Una o due traccie in particolare di quella registrazionehanno catturato la mia attenzione. La musica è stata suonata su uno strumento chiamato Inanga, che è un tronco scavato con tendini di bue come corde.
Le corde sono state pizzicate in vari schemi e il suono terroso e le ripetitività erano piuttosto ipnotici. Con un cenno a quel riferimento, questo pezzo è un’improvvisazione e una breve ripresa di “Prayer Beads” che è apparso sul secondo album del “Bass Desires”. Se Overpass affronta la storia musicale e personale, è anche la risposta immediata di un improvvisatore ai eventi. I viaggi di Marc Johnson in giro per il mondo hanno talvolta portato a incontri con stumenti straordinari.
A San Paulo in Brasile si imbattuto in un basso eccezionale realizzato dal liutaio Paulo Gomes che in seguito è diventato il suo strumento preferito ogni volta che di trovava nella regione. Anche il suono del contrabbasso stesso con la sua risonanza corposa e stato un fattore determinante per la natura della musica suonata in “Yin and Yang” l’improvvisazione parte dagli armonici prodotti strimpellando tutte le quattro corde di questo basso. “La continuità è stata creata lasciando che le corde decadessero fino all’attacco successivo. Ho prima registrato una lunga serie di attacchi e decadimento, quindi ho improvvisato una melodia e alcuni effetti con l’archetto. Questo pezzo è il risultato”.
Con questo lavoro discografico “Overpass”, registrato in Brasile nel 2018, Marc Johnson apporta un contributo decisivo e intrigante alle registrazioni di contrabasso solista della ECM. E un’album che prende nota di quella tradizione (Johnson ha detto che Emerald Tears di Dave Holland era tra le registrazioni soliste che hanno acceso la sua immaginazione quasi mezzo secolo fa) e vi si basa in modo personale. Marc Johnson è nato nello Stato del Nebraska nel 1953 ed è cresciuto in Texax. A diciannove anni lavorava professionalmente con la Fort Worth Symphony e, mentre età alla North Texas State University, suonava e registrava con il compagno di studi Lyle Mays. Dopo la laurea, ha fatto tournée e registrato con Woody Herman, prima di diventare, all’età di venticinque anni il contrabbassista del Bill Evans Trio, seguendo le orme di musicisti magistrali tra cui Scott LaFaro, Gary Peacock ed Eddie Gomez. I numerosi crediti discografici di Marc Johnson da allora includono opere discografiche con, Michael Brecker, Brokmeyer, Gary Burton, Jack DeJohnette, Eliane Elias, Peter Erskine, Bill Frisell, Stan Getz, Joe Lovano, Lyle Mays, Pat Metheny, Brn Moder, Enrico Pieranunzi e Wolfgang Muthnspiel. Le sue prime registrazioni per l’ECM sono state con il suo quartetto Bass Desires, che ha pubblicato due album importanti, “Bass Desires” e “Second Sight”.
Il contrabbassista ha successivamente registrato per l’etichetta tedesca bavarese ECM Records come membro del trio del chitarrista John Abercrombie e appare nei dischi del musicistatra cui “Cat’n Mouse” e “Class Trip”. Ha anche contribuito alle opere sempre per l’ECM Records, del chitarrista Ralph Towner “Lost and Found”, del pianista John Taylor “Rosslyn”, del sassofonista Charles Lloyd “Lift Every Voices e del Maestro il benignità Dino Saluzzi (“Citè de la Musique”).
Come produttore Marc Johnson, vince due prestigiosi premi i Grammy Awards, per avere co-prodotto le opere discografiche della pianista cantante brasiliana Eliane Elias, moglie del contrabbassista; con la moglie. “Eliane Elias che è l’eleganza del Jazz Latino”. È con queste parole che comincia la presentazione del video di questa pianista brasiliana in ‘Colle ’54”, un film-documentario del regista Fernando Truela che raccoglie molte video-performances di artisti sud-amercani come Gato Barbieri, Michel Camilo, Tito Puente, Chuco Valdes e tremanti altri. Il nome di questa produzione cinematografica fa riferimento alla 54ma Strada di New York, dove risiede lo studio della Sony Music, dove vi sono state le sessioni di registrazione dei vari artisti con i loro gruppi abituali. La carriera della cantante e pianista brasiliana si intreccia con i gruppi con cui suona in tournée mondiali e con i quali registra le sue opere discografiche, musicisti di alto livello, tra i quali vi è il suo compagno di vita, il contrabbassista Marc Johnson, un binomio che ha portato ai due artisti a diventare marito e moglie.
Marc Johnson il contrabbassista conosce bene l’arte di attendere l’ispirazione senza piegarsi alla ignobile fretta dettata dalle strategie di mercato. Questa opera discografica “Shades of Jade” arriva dopo un periodo di silenzio quasi sabbatico e celebra in particolar modo un sodalizio importante con la cantante e pianista brasiliana Eliane Elias che è certamente la voce principale che emergenti dieci brani che compongono questa opera discografica. Non mancano gli altri contributi importanti come quello di Joe Lovano al sax tenore e di John Scofield alla chitarra elettrica. Ma il nucleo centrale resposabiledi questo bel lavoro è certamente costituito dal leader, dalla pianista e dal batterista Joey Baron, mentre un ruolo marginale assume l’organo di Alain Mollet. La Elias ha scritto anche buona parte delle composizioni, da sola o in collaborazione con il suo marito Marc Johnson, che a sua volta firma in solitudine tre brani, anche se nel caso di “Blue Nefertiti” ci troviamo difronte alla rilettura del brano celeberrimo di Wayne Shorter (che avrebbe meritato di essere citato almeno come co-autore).
Si tratta,di una lettura affascinante, per fortuna. Densa di profumi e di sollecitazioni, più mossa rispetto al clima foligranato che pervade buona parte dell’album. Con un assolo ben marcato ritmicamente da parte della Elias incastonato fra due ottimi assoli, robusti e competenti di Scofield e Lovano. Marc Johnson è sempre lo splendido accompagnatore che conosciamo e il suo grado di interazione con Joey Baron econ gli altri compagni è di assoluto valore. Il suo timbro è perfetto e le sue uscite in assolo sono eleganti come non mai, calde e rotonde allo stesso tempo.
La ritmica è sottile, incalzante senza essere ossessiva, in grado di marciare in perfetta surplesse per tutto il tempo. Il tono generale dell’album e pensoso e riflettivo, pacato senza essere statico, elegante e raffinato quanto basta per essere allineato Con la filosofia dell’ECM, anche se dobbiamo dire che si distacca dal pallore di altri esempi che hanno reso ben identificabili le scelte stilistiche drll’etichetta bavarese di Manfred Eicher. Il percorso scelto ha una sua evidente maturità espressiva ed è caratterizzato da una profondità di ispirazione che garantisce quel risultato di ottimo livello che era lecito aspettarsi da questi musicisti.
“Il bassista Marc Johnson afferma: “Ritmicament, un bassista deve eseguire frasi molto sicure e insicure per comunicare davvero le proprie idee in modo chiaro. Ciò vale per qualsiasi musicista improvvisatore, ma soprattutto per un bassista”. È un veterano che è salito alla ribalta con Bill Evans, unendosi a lui nel 1978. Le sue band hanno incluso Bass Desires, con Bill Frisell e John Scofield, e Right Brain Patrol. E l’ancora della band guidata da sua moglie la pianista/cantante Eliane Elias. E l’anno scorso (nel 2021), ha pubblicato un album da solista. Overpass (ECM), che ha ricevuto 4 stelle e mezzo nel numero di dicembre 2021 sul magazine DownBeat. Nel suo studio a casa a East Hampton, New York, Johnson ha sostenuto il suo primo Blindfold Test.
Stanley Clarke
“I Mean You” (Standards, Kind of Blue, 2006) Clarke, basso; Patrice Rushen, pianoforte; Ndugu Chancler, batteria.
Mi piace il brani di Monk con le sue possibilità ritmiche, dove puoi sgomitare. Il bassista entra nel registro superiore alla Gary Peacock. Sta facendo un sacco di cose straordinarie sul contrabasso, come suonare velocemente con salti, ma è difficile prendere gli assolidi questo contesto. Quindi, abbastanza avvincente. Gli darò 3 stelle.
Gary Peacock
“Only Now” (I Just so Heppens, Postcards, 1994) Gary Peacock, contrabbasso; Bill Frisell, chitarra.
Questo è proprio il mio genere. Non so chi sia, ma quella ripetizione avventurosa è qualcosa che ho fatto molto nella mia carriera. L’approccio al contenuto è qualcosa con cui posso razzionarmi. La roba della chitarra friselliana. Mi piace così tanto il modo di suonare di Bill. Il bassista sembra un ECM scandinavo, ma potrebbe essere Gary Peacock, anche se non sapevo che gli piacesse quel tipo di suono ripetitivo. Riesco a sentire il calore, la sua puntualità e l’elasticità del suo basso. Si articolare così bene. Riesco a sentire il succo del suono con il suo basso e il punticino di Bill e gli intervalli stravaganti in piccoli gruppi. È divertente, come un dipinto di Kandisky nel suono.
Trio di Christian McBride “How Hocks and Cobbage” (Out Here, Mack Avenue, 2013) McBride, contrabbasso; Christian Sands, pianforte; Ulysses Owens JR., batteria.
Stanno suonando con un sound che è di Ray Brown e Oscar Peterson. Il modo di suonare è competente. Il brano inizia bene, poi alcuni traballanti che si chiariscono verso la fine. L’intenzione è di quella scuola tradizionale. Il basso registrato bene, probabilmente con un microfono. Stavo pensando forse a John Clayton, ma non suona proprio come lui. E Christian? Cammina come Christian. All’inizio del suo assolo si stava rilassando sul fraseggio, e non sembra che i suoi compagni di bandci stessero. Ma puoi sentire Christian come uno studente di basso che guida il ritmo come nessun altro. È fantasioso, pieno di sentimento e si esprime molto bene con la mano sinistra. Il suo modo di suonare può essere contagioso, ma per questo brano, 3 stelle.
Ron Carter
“Blues Farm” (Blues Farm, CTI/Sony, 2003, registrato nel 1973)
Carter, basso; Hubert Laws, flauto; Bob James, pianoforte; Billy Cobham, batteria; Ralph Peterson, percussioni; e altri.
Un paio di cose mi hanno dato un indizio su chi potesse essere. Con quelle estensioni basse sul basso, doveva essere Ron Carter. Con questa traccia in particolare, non so se questa fosse la sua intenzione o quella del produttore dello studio: “Ehi, facciamo un pezzo rock”.
Ben Allison
“Realization” (Peace Pipe, Palmetto, 2002) Allison, basso; Michael Blake, sassofono, clarinetto basso; Frank Kimbrough, tastiere; Michael Sarin, batteria.
Perme questa è vera musica. Il bassistaha ls,sensibilità di suonare attraverso l’armonia e di intercalare le cose mentre cammina e usa la sensibilità dei fiati nel modo in cui si muove l’armonia. È semplicemente meraviglioso. Oh, Ben Allison. Non conosco questa traccia, ma mi identifico molto con il suo approccio. È un uomo che mi rispecchia. È un costruttore comunità che incarna lo spirito del jazz.
Dave Holland / Kenny Barron
“The Oracle” (The Art of Conversation, Impulsi, 2014) Holland, contrabbasso, Barron, pianoforte.
Questo inizia bene. È grazioso, senza niente di rumoroso che ti distragga dall’entrare nello spazio sonoro. Ricorda l’approccio di Bill Evans/Scott LaFaro. Il bassista suona su e giù per le corde con un pò di legato. Non attacca ogni nota. Riesco a sentire i dettagli, ma a un certo punto non è convincente. A volte il bassista colpisce alcune note di tensione ma per la maggio parte, questo mi colpisce in modo piuttosto mediocre. È Dave? Santo cielo, di solito non associa quel suono al modo di suonare di Dave. A un certo punto del mio sviluppò, e stato molto importante. Il suo suono è meraviglioso ed è un pò più aggressivo di quello che suona qui. Tuttavia, gli darò 4 stelle.
Charles Mingus.
“Serenade in Blue” (Debut Records Story, Debut/Fantasy registrato nel 1955), e ripubblicato in masterizzazione, nel 1997. Mingus, al contrabbasso; Eddie Bert, trombone; George Barrow, sassofono tenore; Mal Waldron, pianoforte; Williw Jones, batteria.
Potrebbe essere facilmente Mingus per gli arrangiamenti e il modo in cui le parti dei fiati sono distribuite nell’ensamble. Inizia il pezzo con l’orchestra e mescolando quel suono nello stesso passaggio che stanno facendo i fiati. Molto bello. Questa traccia suona come il primo Mingus, ma da quello spirito e quell’anima essenziali. Adoro Migus.
Charlie Haden/Jim Hall.
“In The Moment” (Charlie Haden/Jim Hall, Impulsi, 2014) Haden, contrabbasso; Hall, chitarra.
C’è troppo riverbero e il basso è così nascosto. Ma ho potuto sentire frasi che suonano come Charlie Haden. Charlie e il chitarrista suonano spigolosi, un pò liberi. Hanno materiale motivazionale da suonare, e c’è sicuramente una melodia lì dentro. La composizione si tiene insieme quando fanno un assolo. Anche se è libera, ha comunque un’integrazione strutturale. I grandi improvvisatoriche suonano nel mondo (o modo) libero implicano e impongono la struttura nel progresso di creazione. 5 stelle. DB.
(Test alla cieca: Marc Johnson. A cura di Dan Quellerte, 9 agosto 2002, sul magazine DownBeat – Jazz, Blues & Beyond – downbeat.com).
“Vanno nominati tutti, uno a uno: Eliane Elias al pianoforte, Marc Johnson, il leader, al contrabbasso, Joey Baron alla batteria; ospiti Joe Lovano al sax tenore, John Scofield alla chitarra e Alain Mallett all’organo. Gran parte del lavoro è merito del contrabbassista certo, però la Elias svolge in ruolo fondamentale. Ha composto quattro brani, altri due insieme a Johnson. E ha prodotto l’intero lavoro di concerto con Manfred Eicher, ovviamente. I detrattori non potranno certo che anche questa si ha a che fare con il tipico sound ECM, quello imposto da Eicher. Nelle prime traccie è il teno sax di Joe Lovano, qui splendido, sensuale e poi cupo, a tratti drammatico, a seminare scompiglio. Apareceu, in particolare, lo mostra quale gigante del tenore e trova un’ottima spalla nel pianoforte di Eliane Elias. Sono le ballads ha fare la fortuna del disco: Snow, in un trio pianoforte – contrabbasso – batteria dal magistrale interplay, coltiva l’influenza bassa e incendiario della musica, non curante dell’audience – nel senso di effetto scenico e presenzialismo – ma si rivolge ai cervelli, a donare agli ascoltatori ciò che questi meriterebbero: e.ozioni, idee e note colme di senso. Johnson sviluppa una ricerca musicale sofisticata, pur pagando qualche eccesso di manierismo.
(“Recensioni Musicali” (Marc Johnson Shade pf Jade, a cura di Federico Scoppio, pubblicato l’8 dicembre 2005 – su magazine Suono).
Si evince da questo mio articolo dove o cercato di raccontare la vita artistica di Marc Johnson, che lo stesso musicista a un notevole livello di professionalità e forge, nel senso di creare composizioni straordinarie, quasi complesse, ma allo stesso modo anche coinvolgenti, piene di suggestioni e di grande impatto emotivo.
A cura di Alessandro Poletti esperto di musica jazz – Foto Repertorio