C’era una volta, a Cesena, un angolo incantato dell’Italia, un giovane sognatore di nome Luigi Partisani, conosciuto da tutti come “Luigino“. Con le sue mani agili, trasformava il silenzio in melodie e i battiti del suo cuore in ritmi travolgenti. Luigino era un batterista, ma non uno qualsiasi: lui era un artista che sapeva dare vita alla musica, danzando sulle pelli della sua batteria come un folletto festoso tra le foglie.

Negli anni ’60 e ’70, il mondo della musica era un vasto e scintillante giardino, e Luigino vi si muoveva come un abile giardiniere, seminando note e raccogliendo applausi. Si esibiva nei locali più famosi, avvolto da un’atmosfera di incanto, dove la musica era magia e gli applausi erano stelle cadenti. Tra i suoi compagni di avventure musicali c’era un grande nome: Fred Bongusto, il cantore romantico che faceva vibrare i cuori di tutti. Insieme, creavano armonie incantevoli, come un duetto tra un usignolo e una dolce melodia del vento.

Luigino aveva il potere di trasportare chiunque nel suo mondo sonoro. Ogni colpo di bacchetta risultava come un incantesimo, e le sue percussioni risuonavano come il battito di mille cuori innamorati. Le sue performance erano racconti di viaggio, dove ogni brano rivelava un segreto, un’emozione, un sogno che si librava nell’aria. Le sue mani, abili e creative, danzavano sulla batteria, scrivendo storie che trascendevano il tempo e lo spazio.

Ma, come in tutte le favole, un giorno la vita decise di scrivere un nuovo capitolo. Luigino, il nostro amato batterista, lasciò il palco terrene e iniziò un viaggio verso una nuova dimensione, dove le note risuonano per l’eternità e la musica non ha confini. La sua partenza fu come un lento e malinconico adagio, che abbracciava i cuori di chi lo aveva amato.

Ora, improvvisamente, mi sono trovato a pensare alle sue bacchette, che per un batterista rappresentano molto più di semplici strumenti per suonare.

Sono un’estensione dell’identità e della personalità del batterista, possono riflettere il suo stile, il suo approccio alla musica e la sua creatività.

Suonare le bacchette offre una sensazione di controllo e potere sul ritmo e sull’energia della musica. Questo può tradursi in un sentimento di autorealizzazione e soddisfazione.

La scelta e la manutenzione delle bacchette possono diventare parte di un rituale personale. Molti batteristi sviluppano una connessione emotiva con le loro bacchette, vedendole come partner nel loro viaggio musicale.

Le possiamo considerare uno strumento per esprimere emozioni e stati d’animo. Ogni colpo può trasmettere gioia, rabbia, tristezza o energia, permettendo al batterista di comunicare senza parole.

La scelta della bacchetta giusta può far sentire un batterista più competente e sicuro.

In sostanza, per Luigino, come per ogni batterista, le bacchette erano cariche di significato simbolico e psicologico, rappresentando non solo uno strumento musicale, ma anche un’estensione della propria identità e una forma di comunicazione personale.

Tuttavia, anche se Luigino non è più fisicamente tra noi, la sua musica continua a vivere. Ogni volta che si ascolta un brano musicale, le percussioni evocano l’energia di un tempo straordinario, e l’eco delle sue melodie ci ricorda che i veri artisti non muoiono mai; ma continuano a dimorare nel cuore di chi ama la musica. La sua presenza si avverte nei battiti di rullante, grancassa e tom-tom, negli assoli di batteria che fanno vibrare l’anima e nei ricordi di tutte le notti magiche trascorse insieme a grandi nomi della scena musicale.

Luigino, con il suo spirito libero, continua a danzare tra le stelle, facendo suonare l’universo con l’armonia dei suoi ricordi. E mentre noi brindiamo in suo onore, possiamo sentirlo, ancora una volta, risuonare nel nostro cuore. Grazie, Luigino, per aver reso la nostra vita un po’ più melodiosa. La tua musica vivrà per sempre.

A cura di Marco Benazzi – Foto Imagoeconomica

Editorialista Marco Benazzi

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