Nelle ultime elezioni politiche datate 2022, la maggioranza di coloro che si sono recati alle urne ha deciso di premiare Giorgia Meloni, che fino a quel momento, sedeva sui banchi dell’opposizione. Restano, infatti, indelebili gli spot televisivi dell’attuale Premier quando prometteva facili soluzioni in materia di accise sui carburanti, salvataggio dell’Alitalia, ma anche pronte soluzioni all’adeguamento delle pensioni. In realtà dopo otto mesi di governo, registriamo solo ondivaghi provvedimenti con la sensazione di rivedere più un déjà vu che una discontinuità col recente passato.
Nei primi duecento giorni del suo insediamento, l’attuale Governo non ha abbassato le accise sui carburanti, non ha risolto il salvataggio dell’Alitalia (ceduta alla compagnia di bandiera Tedesca Lufthansa), non ha affrontato una sola vertenza “calda” a cominciare dall’ILVA di Taranto, agli ex operai Whirlpool di Napoli, al Monte dei Paschi di Siena dall’orizzonte ancora incerto e così via. È passato oltre un mese dall’alluvione avvenuto in Emilia Romagna e non è stato ancora nominato il Commissario Straordinario per consentire un rapido e concreto intervento sui territori colpiti.
Appare preoccupante vedere un governo conscio dei tanti problemi di cui è attanagliato il Paese che invece di puntare tutte le sue energie sulle possibili soluzioni preferisce concentrarsi su riforma elettorale e riforma della giustizia. Torna alla mente il primo governo Berlusconi del 1994 che, invece di governare il Paese, scelse di impegnare la sua maggioranza sulle medesime riforme finendo, in quell’infausta circostanza, nelle sabbie mobili del Parlamento.
All’epoca Berlusconi non riuscì a separare le carriere dei magistrati e non ebbe neanche il tempo di fare altro perché con l’aggravarsi della situazione economica fu costretto a cedere il passo al governo del senatore a vita, Mario Monti.
Il Governo Meloni sembra fare di più dal momento che oltre ad accantonare i problemi del paese, a margine dell’Agenda di governo, tende anche a favorire lo scontro verbale con le opposizioni ed a mortificare le organizzazioni sindacali per il semplice gusto di porsi “contro”.
Dispiace constatare come dalle piazze alle trasmissioni televisive si assista solo e soltanto alla contrapposizione delle rispettive tifoserie dei partiti con le opposizioni che fanno la loro parte (anche se con scarsa incisività) mentre il governo perde tempo.
Che la situazione sia difficile è assodato, che molti problemi di oggi siano figli degli errori del passato è innegabile, però non è giustificabile, ad esempio, l’esordio del Ministro Fitto che annuncia la possibilità di restituire una parte dei fondi del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), concessi dall’Europa, per impossibilità di utilizzo, attribuendo la colpa ai governi che l’hanno preceduto. Questa tesi è irricevibile per chiunque.
Il voto del 2022 ha segnalato un forte bisogno di discontinuità col passato. Gli elettori hanno scelto, infatti, una coalizione di Governo che si è proclamata, sin dalla campagna elettorale, coesa e capace di affrontare le questioni vere del Paese. Oggi più che mai quella maggioranza di consenso, che si è confermata con le recenti elezioni amministrative, sente il bisogno di un governo delle responsabilità e non dello scaricabarile. L’abitudine di scaricare su altri le proprie colpe, o se si vuole, la propria incapacità di fare è un agire politico proprio del passato che sarebbe ora di mandare in soffitta.
Anche il migliore tra i nostri tecnici/politici, Mario Draghi, da Presidente del Consiglio invece di proseguire l’attuazione del Pnrr, sulla scia già tracciata dal precedente governo, preferì “smontare” tutti i provvedimenti già avviati e ripartire daccapo. Possibile che quanto fatto dal governo precedente era tutto da buttare? È stato così che abbiamo assistito all’uscita di scena del miglio tecnico/politico che si sia alternato al governo del nostro Paese.
Il successore, il governo di Giorgia Meloni, sembra replicare lo stesso schema. Invece di proseguire sui provvedimenti già avviati e migliorarli, preferisce ripartire da zero con nuovi progetti e nuove strutture decisionali.
Se proprio volessimo trovare un colpevole, forse dovremmo puntare il dito contro quella specie di “maledizione” che accompagna i governi di questo Paese. Governi che invece di procedere con lo sguardo rivolto in avanti, verso il futuro e verso tutto ciò che risulti migliorabile, preferiscono perdere il loro tempo a criticare i fallimenti politici dei passati predecessori, tra un annuncio di riforma elettorale ed un riordino del sistema Giustizia.
È qui che viene in mente un’intervista che un’importante personalità politica israeliana concesse a un giornale italiano, quando parlando della differenza tra il nostro Paese e il proprio, cioè Israele, spiegò che il loro successo nella gestione dello Stato scaturiva dal fatto che preferivano correggere le leggi esistenti, eliminando la parte che sembrava superata, mantenendo la parte buona del testo normativo esistente.
Per i comuni mortali come noi, il problema non è tanto da ricercare tra le colpe dei governi passati ma nell’efficienza del governo in carica, qualunque sia il colore politico. Chi è nel pieno dei propri poteri, ha infatti tutte le possibilità ed i mezzi per governare nell’interesse dell’Italia e per il bene degli Italiani.
Giorgia Meloni, come tutti i Presidenti del Consiglio, ha a sua disposizione il meglio della nostra diplomazia. In tutti i Ministeri ha fior di funzionari super competenti che aspettano soltanto di ricevere le giuste disposizioni. Quello che sembra scarseggiare, anche dopo questa ultima tornata elettorale, è il coraggio di governare veramente. Manca quell’assunzione di responsabilità che ormai sembra essere solo un ricordo sopito. Serve urgentemente un’agenda delle priorità. È necessario stabilire quali siano i settori strategici del Paese. È importante che questi settori siano “blindati” perché considerati asset strategici nei settori esclusivi dì interesse pubblico. È fondamentale che si metta mano al problema della decolonizzazione delle nostre industrie che non sempre avviene su iniziativa degli imprenditori italiani. Da troppo tempo stiamo assistendo a precisi e mirati interventi aziendali stranieri che comprano in Italia al solo scopo di chiudere il sito produttivo per trasferire altrove le attività (come già accaduto agli stabilimenti Gkn, Gianetti Ruote e Timken).
Unitamente a ciò, serve una riforma del lavoro capace di dare stabilità sia al progresso del Paese sia alle nuove generazioni di lavoratori, i veri protagonisti del prossimo futuro.
C’è un gran bisogno di ammodernare il Paese sul piano delle infrastrutture: autostrade, ferrovie, porti, (Gioia Tauro aspetta di uscire dall’ombra), unitamente ad un nuovo piano di sviluppo eincentivo sulla mobilità sostenibile. È necessario definire un nuovo piano d’investimenti per l’ambiente, la sanità e il sociale. Le grandi emergenze che abbiamo affrontato recentemente hanno dimostrato tutta la debolezza strutturale e organizzativa del nostro Paese. Non possiamo sempre sperare di superare le avversità e gli imprevisti confidando sulla capacità dei lavoratori e delle lavoratrici unitamente alla buona volontà della forza instancabile del volontariato. Serve, in poche parole, una visione completa di sistema paese che dopo duecento giorni di governo non sembra emergere. L’auspicio è di non rivivere le stesse sensazioni di chi attendeva invano Godot.
Il Direttore responsabile Simone Tripodi – Foto ImagoEconomica