INDRO MONTANELLI, LEA MASSARI

Lea Massari è un’attrice italiana, ma anche una musicista, è nata il 30 giugno 1933 a Roma e oggi vive nella sua villa borghese a 91 anni.
Nel 1979 ha ricevuto il premio come miglior attrice non protagonista al Nastri d’Argento per il film Cristo si è fermato a Eboli. Dal 1962 al 1979 Lea Massari ha vinto 2 premi: David di Donatello (1962), Nastri d’Argento (1979).

Lei bella da morire soprattutto nelle notti della Dolce Vita era volto tanto amato dai registi dell’epoca e da attori che avevano fatto già breccia: l’attrice italiana più chic, passionale, malinconica e sospirata degli anni ’60/’70. Così lontana dalle maggiorate Loren e Lollobrigida, è stata comunque la scelta forzata per quei maestri del cinema che volevano, nelle loro pellicole, un’introspezione profonda e reale sul vivere, alla ricerca di ideali perduti o più semplicemente del senso della vita dopo l’ultima guerra.

Più che italiana, europea. Romana, ma studentessa di architettura in Svizzera, si è allontanata da subito dalla città imperiale per seguire la sua strada, in totale indipendenza. Eppure, quei tratti somatici, quella voce roca e sensuale, l’hanno riportata nel Lazio, laddove il cinema la chiamava a gran voce. Da Anna Maria diventa così Lea, dopo che, a ventidue anni, perde tragicamente il fidanzato Leo.

Il suo debutto è niente meno che con il maestro Mario Monicelli che, letteralmente folgorato, le offre il ruolo della ribelle e passionaria Agnese in Proibito (1954) con Mel Ferrer e Amedeo Nazzari. Da allora, l’Italietta dai facili generi, cerca di incastrarla sempre nel medesimo prototipo filmico, ma lei sa di essere “merce rara” e rifiuta, preferendo saltare da un genere all’altro, seguendo le sue scelte e i suoi gusti personali. Castellani e Bolognini hanno cercato di farla ridere in qualche commedia degli anni Cinquanta, ma lei è un’attrice più drammatica, non è fatta per il felice sorridere, infatti si trova perfetta accanto a un’infelice Monica Vitti ne L’avventura (1960) di Antonioni.

L’anno successivo, viene diretta dai due dei re del cinema italiano: Sergio Leone in Il colosso di Rodi e Dino Risi in Una vita difficile con Alberto Sordi, Silvana Mangano e Vittorio Gassman, ma il David di Donatello come miglior attrice protagonista lo vince per il film di Enrico Gras I sogni muoiono all’alba (1962), in cui interpreta la ribelle ungherese Anna Miklos, innamorata di un giornalista italiano comunista. Mentre, a teatro, è la prima Rosetta del “Rugantino” di Garinei e Giovannini, accanto a un indimenticabile Nino Manfredi, ad Aldo Fabrizi e a Bice Valori.

Nel 1965, sarà la volta di Valerio Zurlini che la dirigerà in Le soldatesse, poi ben due film con Nanni Loy e uno con Carlos Saura. Compagna di set di attori internazionali come David Niven, Ben Gazzara e Martin Balsam, perfino la neonata televisione la reclama fra i suoi ranghi e le affida il ruolo della Monaca di Monza nello sceneggiato I promessi sposi (1967) di Sandro Bolchi, cui seguiranno I fratelli Karamazov (1969), sempre per la regia di Bolchi.

Il suo modo di recitare la faceva apparire eterea e sublime, mai affannosa, riesce a colpire gli italiani e soprattutto i francesi che cominciano a corteggiarla. Di classe, affascinante, profonda e cupa, li intriga enormemente. Comincia il suo periodo francese, dove sarà la partner di Jean Rochefort, Yves Montand, Bernard Blier, Michel Serrault, Jean-Paul Belmondo, Jean-Louis Trintignant.

Nel 1970, è il terzo incomodo (la moglie tradita) nella relazione fra Michel Piccoli e Romy Schneider nella pellicola L’amante. Poi arriva Louis Malle, che l’anno successivo le offre il personaggio più bello della sua carriera, quello scomodo dell’incestuosa Clara, la madre di Soffio al cuore.
Lea Massari dà il meglio di se stessa in una parabola di sofferenza e noia, alla ricerca di un riscatto, di un’emancipazione silenziosa e tutta interiore che si può percepire più dal suo sguardo felino che dalle sue parole, e ovviamente lo schiaffo alla società arriva, consapevolmente immorale. Scuote così i benpensanti francesi (e mondiali), consumando una notte d’amore con il figlio quindicenne. Da quel momento, le verranno affidati i ruoli della donna libera, tediata dal mondo circostante e dalle relazioni che si innestano come fili di una ragnatela troppo stretta e troppo superficiale, ma soprattutto intollerante alle sbarre sociali che la buona borghesia impone.

Arriva il periodo  de La corsa della lepre attraverso i campi (1972), L’uomo che non seppe tacere (1972) e Un battito d’ali dopo la strage (1973): gli anni del successo della grande attrice che viene amata ovunque dal pubblico. Richiamata fortemente in patria, si presta ancora una volta alle sapienti mani di Valerio Zurlini in La prima notte di quiete (1972), accanto a un Alain Delon col cappotto di cammello e una sempre maestosa Alida Valli, poi ai quattro occhi dei fratelli Taviani, che la frappongono tra Mastroianni e Betti in Allosanfan (1973). È lei la più intensa, straordinaria e insuperabile Anna Karenina (1974) dopo la Garbo, nell’omonimo sceneggiato televisivo diretto da Sandro Bolchi, e tanta eccellenza non può non essere omaggiata dalla Francia che la sceglie come membro della Giuria di Cannes nel 1975.

Lea Massari è l’attrice che, sebbene un po’ trascurata dal cinema di casa nostra, ha saputo raggiungere comunque un livello di autenticità ancora oggi ineguagliato.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto ImagoEconomica 

Il Direttore Editoriale Carlo Costantini

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