Le sostanze psichedeliche agiscono temporaneamente sul cervello modificando la percezione della realtà. In particolare, tendono a ridurre l’attività della rete di default (Default Mode Network, DMN), una parte del cervello coinvolta nell’autocoscienza, nel controllo dell’ego e nella costruzione di un senso coerente di sé e del mondo.

Questo “filtro” viene momentaneamente allentato, permettendo un’esperienza più fluida e meno vincolata dalle abituali strutture mentali.

È per questo che molte persone descrivono le esperienze psichedeliche come un’espansione della coscienza, con percezioni più intense e una sensazione di connessione profonda con il tutto. La morte, invece, è un’interruzione definitiva dell’attività cerebrale.

Se le sostanze psichedeliche permettono di “sospendere” certi filtri della realtà in modo reversibile, la morte segna la cessazione totale della coscienza. Alcune esperienze di premorte (NDE) riportano sensazioni simili a quelle indotte dagli psichedelici, il che suggerisce che ci siano meccanismi cerebrali comuni, ma la grande differenza è l’irreversibilità della morte rispetto agli effetti temporanei delle sostanze psichedeliche.

A cura di Paolo Gabellini – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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