Il 10 febbraio p.v. si commemorerà il giorno del ricordo delle vittime della Foiba di Basovizza (Trieste) ma i “sinistroidi” nell’orgasmo dell’assassino perpetrato contro innocenti dai loro compagni “I PARTIGIANI ROSSI” si prendono, 48 ora prima, la briga di violare questo posto sacro con scritte indecenti e in vernice rossa:
“Smrt fasizmu, svoboda narodom (Morte al fascismo, libertà ai popoli) – “Trst je nas” (Trieste è nostra), e “Trieste è un pozzo”.

La Premier Giorgia Meloni ha dichiarato: “Oltraggiare Basovizza, per di più con scritte ripugnanti che richiamano a pagine drammatiche della nostra storia, non vuol dire solo calpestare la memoria dei martiri delle foibe ma significa oltraggiare la Nazione intera. Ciò che è accaduto è un atto di gravità inaudita, che non può restare impunito”.

Le Forze dell’ordine hanno avviato le indagini per “trovare” i delinquenti di questo atto vile e riprovevole e auspichiamo che la Magistratura prenda adeguate misure nei loro confronti e non basta certo qualche anno di carcere!

La storia:
Nel maggio 1945 il pozzo mineraio (foiba) fu utilizzato dai PARTIGIANI jugoslavi per l’occultamento di un numero imprecisato di cadaveri di italiani e tedeschi durante l’occupazione jugoslava di Trieste. Fu gettato all’interno del pozzo un numero rilevante di cadaveri di prigionieri, militari e civili trucidati dall’esercito e dall’OZNA.
La documentazione raccolta dagli alleati anglo-americani in merito agli infoibamenti è basata in parte sulle testimonianze dei parroci di Sant’Antonio in Bosco e di Corgnale, rispettivamente don Francesco Malalan e don Virgil Šček. Le due testimonianze riferivano di processi lampo – a loro dire regolari – tenuti dall’armata jugoslava a carico di alcune centinaia fra agenti dell’Ispettorato locale e militari (compresi circa 40 tedeschi), con fucilazioni e corpi gettati nel pozzo della miniera. Don Malalan – il cui fratello era commissario jugoslavo a Basovizza – affermò che gli ufficiali della IV Armata jugoslava avevano le liste complete delle persone condannate, liste che sarebbero in seguito state pubblicate – cosa che in realtà non avvenne – per dimostrare la legalità delle esecuzioni. Don Malalan, pur invitato dal fratello, non fu presente agli infoibamenti ma testimoniò che don Šček gli aveva confidato d’aver assistito alle uccisioni, dando conforto ad alcuni condannati. Oltre a quelle dei due sacerdoti, è stata raccolta anche la testimonianza di un’anziana del luogo e di alcuni bambini, che riferirono delle grida dei condannati. Un’ulteriore ricostruzione degli avvenimenti è contenuta in una relazione del servizio segreto jugoslavo (OZNA) del 3 settembre 1945, nella quale si afferma che «in questa voragine [di Basovizza] ci sono in gran numero cadaveri putrefatti di militari delle SS, della Gestapo, dei “Gebirgsjaeger”, di questurini e anche di quaranta cavalli. I partigiani hanno gettato in questa voragine una notevole quantità di munizioni e poi di esplosivo; a causa dell’esplosione tutti i cadaveri vennero in parte ricoperti da detriti”.
Storici come Raoul Pupo, Roberto Spazzali, e Guido Rumici sostengono che sia impossibile calcolare il numero esatto dei corpi infoibati, altri invece all’opposto affermano che il calcolo può essere compiuto sulla base di stime. È invalso l’uso di stimare il numero dei corpi in base alla constatazione che il pozzo minerario prima del 1945 era profondo 228 metri, mentre dopo il 1945 i metri erano diventati 198, per cui si hanno 250 metri cubi riempiti con materiali che, secondo questa stima, sarebbero corpi umani.
“In assenza di riscontri obiettivi, ancora nell’estate del 1945 un giornalista italiano, considerata la massa di detriti presenti nel pozzo, la cui profondità era nota, ipotizzò che entro la foiba avrebbero potuto trovare posto fino a 1.500 cadaveri. Una simile ipotesi, da parte dei media del tempo e nell’ambito della lotta politica assai vivace in quegli anni, si trasformò ben presto nell’affermazione che a Basovizza erano stati infoibati 1.500 italiani. Tale convinzione si è poi consolidata nella memoria e nell’uso pubblico e viene ancor oggi spesso ripetuta senza alcun vaglio critico”. (Vademecum per il Giorno del ricordo – IRSREC FVG).

A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto ImagoEconomica 

Editorialista Pier Luigi Cignoli

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