La Corte di giustizia dell’Unione europea (abbreviato: CGUE; in latino e ufficialmente: Curia; in francese: Cour de Justice de l’Union européenne, CJUE) è un’istituzione dell’Unione Europea (UE) con sede in Lussemburgo presso le torri omonime.
La CGUE ha il compito di garantire l’osservanza del diritto comunitario nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati fondativi dell’UE.
La tutela giurisdizionale dell’Unione europea è affidata alla Corte, organo unitario, suddiviso in una pluralità di formazioni:
La Corte di giustizia (creata nel 1952)
Il tribunale (creato nel 1988).
Dal 2004 al 2016 è stato attivo anche il Tribunale della funzione pubblica.
La Curia, la CGUE Corte di Giustizia dell’Unione Europea in 2° grado in Lussemburgo ed il Tribunale Unione Europea in 1° grado in Lussemburgo, hanno i loro compiti e sono istituzioni dell’U.E. (Consiglio Europeo – Consiglio dell’Unione Europea – Parlamento Europeo – Commissione Europea) .
Essi non vanno confusi con organi esterni quali la CEDU (Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che è parte del Consiglio d’Europa e non dell’Unione Europea), né con la CIG (Corte internazionale di giustizia dell’Aia, che dipende dall’ONU), né tantomeno con la Corte penale internazionale (Tribunale per crimini internazionali con sede all’Aia).
Oggi 26 luglio 2024:
Ecco l’ennesimo “deferimento” per la nostra Italia pervenuto dalla Commissione alla Corte di giustizia dell’Ue per il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori mobili di altri Stati membri, in merito alle prestazioni familiari a loro concesse che si identifica quale “discriminazione” e ne viola il diritto.
Per la cronaca (parliamo dell’assegno unico per i figli) tali contestazioni fanno capo alle “presunte violazioni in materia di coordinamento della sicurezza sociale – regolamento (Ce) n. 883/2004 – e di libera circolazione dei lavoratori – regolamento (UE) n. 492/2011 – e articolo 45 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Secondo la Commissione, dopo l’esame relativo agli assegni familiari, legge introdotta nel 2022 (meglio nota come assegno unico) nel 2022 l’Italia ha introdotto un nuovo regime di assegni familiari per figli a carico (l’assegno unico) tale “normativa è discriminate relativamente ai lavoratori che non risiedono in Italia per almeno 2 anni o i cui figli non risiedono in Italia. Tale “esclusione” secondo la Commissione non è compatibile e allineata con il diritto dell’Ue, in quanto uno dei cardini dell’Unione europea è la parità di trattamento senza distinzioni basate sulla nazionalità. Secondo questa logica l’Italia si troverebbe fortemente penalizzata in quanto “dovrebbe” pagare detto “assegno unico” a CHIUNQUE, ovvero anche ai migranti irregolari e/o richiedenti asilo appena giunti o sbarcati. Ricordiamo che già nel 2023 tale Commissione aveva inoltrato una “missiva” di costituzione in mora all’Italia proprio in ragione di tale fatto, a cui, a novembre ha fatto seguito il parere motivato. Ovviamente il nostro Governo ha replicato su tali condizioni, spiegandone e motivandone le ragioni ma la Commissione Europea, in mano alla sinistrane ha ignorato i contenuti e ha provveduto con il deferimento alla Corte di giustizia.
Il Senatore Claudio Borghi, della Lega, ha sottolineato: “Nel caso non si fosse capito in pratica vogliono che diamo l’assegno unico anche a tutti quelli appena arrivati col barcone“.

Alla Cgil e al suo Leader Maurizio Landini tale situazione si è trasformata in un “premiante regalo” della UE, e non hanno certo perso tempo ad utilizzarlo per la loro propaganda distorta.
La dichiarazione: “Il Governo ha impedito a tanti cittadini, comunitari e non, di accedere ad una prestazione di sicurezza sociale. E come abbiamo sostenuto fin dall’introduzione dell’Assegno unico e universale per i figli, si tratta di una discriminazione non solamente per quello che è il bacino di riferimento della procedura di infrazione, i cittadini e le cittadine di altri Paesi membri dell’Unione, ma anche per tutte le lavoratrici e i lavoratori il cui nucleo familiare sia residente nei Paesi esteri. Faremo tutte le azioni necessarie per porre rimedio a una discriminazione inaccettabile“.
Naturalmente a pagare saremo sempre noi, i cittadini italiani, quelli che votano l’ipocrisia di chi li rappresenta sotto la bandiera tricolore!
A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto ImagoEconomica 
Editorialista Pier Luigi Cignoli

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