Visto l’evolversi del “Pride” è forse opportuno tenersi aggiornati sulle parole, usi e consuetudini di tale “movimento” fortemente strumentalizzato dalla politica di sinistra.
Queer è un “termine ombrello” utilizzato per indicare coloro che non sono eterosessuali e/o non sono “cisgender”. È un termine della lingua inglese che tradizionalmente significava “eccentrico”, “insolito”. Sembra essere connesso all’avverbio tedesco  “quer” che significa “di traverso”, “diagonalmente”.
Il termine queer viene usato generalmente da una persona della comunità LGBTQ+ che non vuole dare un nome alla propria identità di genere e/o al proprio orientamento sessuale (ad esempio, se ci si sta interrogando sulla stessa), o più semplicemente non vuole precisarla, ma che non è cisgender e/o etero.
Breve storia:
Tra gli antecedenti dei queer vi sono i “macaroni” inglesi del Settecento, ricordati per i loro modi di porsi estremamente femminei ed affettati.
Il termine si trova nella lingua inglese con l’uso di “bizzarro”, “strambo” già nel XIX secolo.
Negli anni ’70 in Inghilterra veniva utilizzato come equivalente dell’italiano “frocio” ma proprio in Italia passò, a partire da quegli anni, senza la connotazione negativa di cui sopra. Il passaggio si realizzò infatti proprio lungo quelle correnti di pensiero che proponevano una riappropriazione del termine. Il termine si attesta nell’uso comune durante gli anni ’90, quando viene reso popolare dal gruppo di attivisti inglesi “Queer Nation”.
Dato che il termine ha avuto origine (seconda metà del XX secolo), spesso persiste come insulto “omofobo” e dal momento che un altro significato comune del termine è “strano”, una parte dei membri del movimento LGBT non vede di buon occhio il suo uso, per lo meno nel mondo “anglofono”. Molte persone LGBT ritengono però che usare il termine-ombrello “queer ” sia un modo positivo per riappropriarsi di un termine che in passato era usato contro di loro, spogliando quindi la parola del suo potere offensivo, come accaduto nel caso del termine “gay”. Tale uso sta diventando sempre più comune tra i giovani.
La Comunità LGBT ha così riconosciuto il termine queer, che oggi rientra tra i termini utilizzati dalla stessa.
In Italia il termine queer identifica anche il supplemento libri domenicale allegato al quotidiano Liberazione fino alla sua chiusura, e successivamente l’inserto culturale del settimanale Altri, ambedue diretti da Piero Sansonetti, che hanno preso appunto il nome diQueer intendendo proprio connotare, provocatoriamente, la propria diversità di vedute nell’ambito del panorama culturale italiano.
Giacomo Galeotti, esponente di Arcigay Ancona-Pesaro e segretario del Marche Pride,  ha avanzato la proposta di far studiare la cultura Queer, affermando: “Abbiamo diritto al rispetto, la cultura Queer va riconosciuta e andrebbe studiata tra i banchi di scuola.
Ma certo, dall’asilo così a 9/10 anni i bambini maturano il diritto.
A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto ImagoEconomica
Editorialista Pier Luigi Cignoli

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