Cercare di “comprendere” come funziona un procedimento penale è veramente emblematico, in quanto non bastano gli articoli del codice, la loro interpretazione da parte dei Giudici ma necessita conoscere tutta la giurisprudenza allegata e integrante gli stessi.
Prendiamo come esempio un fatto di cronaca di questi giorni e nello specifico un rinvio a giudizio per diffamazione di un personaggio politico di rilievo quale il Premier del nostro Stato.
Lo spunto di tale mio “scritto” viene dettato dalla lettura di un articolo proposto da “Il Giornale” in merito alla “diatriba ” tra Luciano Canfora, storico e filologo e la Premier Giorgia Meloni.
Ma non parlerò specificatamente di loro, già c’è molto di scritto, ma di come gli Avvocati gestiscono il procedimento.
Partiamo dal presupposto che un “cittadino” esprima pubblicamente un suo “pensiero” nei confronti di un personaggio politico (libertà di parole e di stampa – Costituzione art. 21)
Il Politico si sente offeso per le parole indirizzate al suo riguardo e denuncia il cittadino.
Alla prima udienza, dopo la verifica dei fatti la Procura decide per il “presunto colpevole del reato di diffamazione” il “rinvio a giudizio” in quanto necessitauna integrazione probatoria approfondita non compatibile con la struttura di una udienza predibattimentale, che porta così il Tribunale a stabilire un’altra udienza entro 6 mesi circa.
L’Avvocato del Politico coinvolto chiede ovviamente una condanna e un risarcimento per il danno morale ingiustamente subito dal suo cliente.
L’Avvocato della difesa sostiene invece il suo assistito e  afferma: “La condotta del mio Cliente quand’anche comprendente espressioni oggettivamente lesive della reputazione altrui, configura manifestazione del diritto di critica e, in particolare, del diritto di critica politica, che trova il proprio fondamento nell’articolo 21 della Costituzione, ma diversamente dal diritto di cronaca non si concretizza nella narrazione di un fatto, bensì in un giudizio, o, più genericamente, di un’opinione, come tale non soggetta a vincoli di obiettività, né, tanto meno, verità. Ciò vale in particolare per la critica politica, che non può essere obiettiva in quanto fondata sull’interpretazione soggettiva di fatti, comportamenti e idee. Inoltre resto convinto che un processo per un giudizio politico per diffamazione non si possa fare, non si debba fare, e che sia molto inopportuno farlo!
Leggendo tale dichiarazione e supposto che la stessa venga presa in considerazione dal Tribunale e porti all’assoluzione del “presunto delatore” che da parte sua giustifica il suo dire “le mie parole, riferite alle radici ideologiche, e dunque all’animus del querelante, sono, e non possono che essere, squisitamente soggettive: un’opinione, dunque, per quanto autorevole, della quale, in linea di principio, non può predicarsi né escludersi la veridicità”, creerebbe un precedente nella giurisprudenza e pertanto ogni cittadino verrebbe legittimato ad “OFFENDERE e DENIGRARE” un Politico nella piena certezza di non venire condannato. 
Ci troveremo così i Social colmi di “ingiurie ed altro” contro la classe politica e non parliamo poi delle trasmissioni serali a sfondo politico soprattutto in questo periodo “pre-elezioni”.
E’ giusto? sarebbe il caso di rifletterci bene.
A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto ImagoEconomica 
Editorialista Pier Luigi Cignoli

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