La linguistica forense non è soltanto una questione di forma. Un utilizzo errato o approssimativo delle parole nei processi può portare a condanne d’innocenti o assoluzioni di colpevoli, cioè una “giustizia non giusta”. Lo studio della linguistica può fornire un contributo decisivo alle professioni legali e all’attività degli operatori di polizia. L’utilizzo delle parole in ambito giudiziario è una questione cruciale e complessa. Parole che sono pronunciate e trascritte da tutti gli attori che sono impegnati in procedimenti e processi che si svolgono quotidianamente nelle aule di giustizia: avvocati, testimoni, magistrati, imputati, consulenti, agenti e ufficiali di polizia giudiziaria. Ognuno di questi interagisce e partecipa al dibattito con il proprio linguaggio. La giustizia incontra quasi esclusivamente la realtà delle parole. Dalle parole del processo penale derivano effetti reali nella vita delle persone, come privazioni, limitazioni e/o riconoscimenti di diritti. In sostanza le parole hanno un potere enorme, la loro combinazione è molto simile a quella degli elementi di un composto chimico: può fare detonare un significato oppure spegnerlo. Possiamo ricevere significati e suggestioni diversi al variare non solo delle parole usate, ma anche dal modo con il quale le mettiamo in relazione tra loro. Un processo “giusto” è quel processo che si fonda su atti nei quali la parola sia oggetto di “garanzia”. Nella prassi giudiziaria sia il giudice sia le parti processuali molto spesso non ascoltano i file audio delle dichiarazioni e/o intercettazioni ma si basano sulle trascrizioni. È indispensabile pertanto che l’attività trascritta sia effettuata in modo preciso, proprio per evitare di alterare la rappresentazione della conversazione registrata. Anche con gli omissis, a volte, si opera un giudizio anticipato d’irrilevanza su parti di conversazione che, spesso, è affrettata. L’inserimento degli omissis impedisce anche di comprendere quale relazione ci può essere tra gli interlocutori. Il tipo di relazione, infatti, emerge dal modo in cui quelli che parlano gestiscono i turni di conversazione. A tal proposito è necessario che l’ordinamento giuridico preveda percorsi formativi adeguati e l’adozione di un albo nazionale dei trascrittori, ora assente. È anche indispensabile la formulazione a livello nazionale di linee guida per i trascrittori che dovrebbero costituire la base della formazione degli stessi, siano essi periti, consulenti o appartenenti alla polizia giudiziaria.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Repertorio 

Il Vice Direttore Ugo Vandelli

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