La storia della Mala del Brenta comincia alla fine degli anni ‘60 a Campolongo Maggiore (Ve). Qui, all’epoca, il giovanissimo Felice Maniero detto “Faccia d’angelo” iniziò a delinquere sotto le ali dello zio Renato e papà Ottorino, amici del popolare bandito Adriano Toninato, loro compaesano arrestato nel 1958 per le sue innumerevoli rapine. Maniero seguirà le sue orme, anzi le supererà. In breve tempo costruirà un vero impero del crimine e ne diverrà il leader. Nei primi anni sessanta formò la sua banda con un gruppo di ladri, che ben presto si tramutarono in una mafia violenta e spietata.

Un esercito di oltre trecento persone che spadroneggiò nel Veneto fino agli anni novanta. Per un ventennio terrà in pugno il territorio, passando dai furti nei negozi di generi alimentari, all’assalto ai furgoni carichi di pellame o formaggi, alle rapine ai laboratori orafi. Poi, gestione delle bische clandestine e del gioco d’azzardo, sequestri di persona, traffico di droga e armi. Inoltre, colpi miliardari, come ad esempio all’hotel Des Bains del Lido di Venezia, all’aeroporto Marco Polo di Tessera, al Casinò del Lido. La storia della Mala di Maniero è anche un intreccio di alleanze, omicidi, regolamento di conti e complicità d’insospettabili professionisti e perfino d’infedeli servitori dello Stato. Il boss strinse patti con le bande criminali della zona e con le cosche mafiose di Cosa nostra e della camorra, in particolare per quanto riguarda il traffico di armi e stupefacenti. Maniero apprezzava in particolare il loro coraggio.

Proprio a loro si affidò per vendicare l’uccisione di un suo “spacciatore” che nel 1990 sarebbe stato eliminato da un clan rivale in cerca d’indipendenza. Chi tradiva o si ribellava all’autorità del capo, pagava con la vita. Quando si racconta della mafia del Brenta c’è una vittima innocente che non deve essere mai dimenticata. Cristina Pavese, ventidue anni, trevigiana. La studentessa universitaria, il 13 dicembre 1990, mentre era a bordo del treno Bologna – Venezia, rimase uccisa nella potente esplosione causata dal tritolo che la Mala aveva adoperato per assaltare e rapinare il vagone postale del convoglio Venezia – Milano in transito sull’altro binario. In quegli anni, a combattere la gang di Maniero fu principalmente il giudice istruttore Francesco Saverio Pavone (deceduto nel 2020) che nel 1986 si convinse subito che la Mala del Brenta – mettendo insieme fatti e prove – non era una semplice banda di ladri, ma un’associazione per delinquere mafiosa. Le sentenze confermeranno il suo gran fiuto. Inchieste, arresti, processi. Il clan, già in parte colpito, fu annientato anche grazie alla decisione di Maniero, nel 1995, di collaborare con la giustizia. 

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Il Vice Direttore Ugo Vandelli

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