C’è stato un tempo in cui la vita sembrava un enigma troppo grande. Da bambini, ci mancavano le parole per capire il perché del dolore, e così ci siamo costruiti credenze con i frammenti che avevamo. Abbiamo pensato di non valere abbastanza, di dover meritare amore con il silenzio, con l’obbedienza, con l’annullamento. Credevamo che la colpa fosse nostra quando l’affetto non arrivava, quando le carezze si facevano rare, quando la paura parlava più forte dell’amore. Non conoscevamo altro. Non sapevamo che i grandi portavano ferite più antiche delle nostre. E da quel non sapere sono nate convinzioni dure, che ci hanno accompagnato a lungo, come ombre silenziose. Ma ora siamo qui. Più consapevoli, più veri.
Abbiamo imparato a riconoscere quelle voci dentro che non ci appartengono più. Possiamo scegliere di lasciarle andare, una ad una, come foglie al vento. E davanti a noi si apre una “pagina bianca”, luminosa come un’alba che non teme più la notte. Ora sogno pace quella che nasce quando smetti di combattere te stesso.Sogno salute quella che fiorisce quando corpo e cuore vanno nella stessa direzione. Scriverò parole nuove, senza paura di sbagliare. Parole che guariscono, che accolgono, che abbracciano anche la bambina o il bambino che fui. Perché adesso so non ero io sbagliato. Era solo il mondo, che non mi aveva ancora insegnato a volermi bene.
A cura di Paolo Gabellini – Foto Imagoeconomica