La dissalazione è il processo di rimozione della “frazione salina” da acque contenenti sale, in genere da “acque marine”, allo scopo di ottenere acqua a basso contenuto salino; l’acqua è poi impiegata spesso per uso alimentare, ma anche per uso industriale, come acqua di raffreddamento.
L’apparecchiatura impiegata è chiamatadissalatore. Viene anche impropriamente chiamato distillatore d’acqua, forse perché in tempi passati tutti i dissalatori erano di tipo “Evaporativo” e, quindi, a profani ricordavano le colonne di distillazione; in realtà, il tipo di separazione non è, e non è mai stato, una forma di “distillazione”
L’acqua potabile non deve essere priva di sali: sia per questioni sanitarie sia perché l’apporto di certi sali è consigliato (questa è però una pratica svolta in genere a valle del dissalatore stesso, per consentire l’aggiunta dei sali corretti) e perché un’acqua completamente deionizzata sarebbe del tutto insapore, non gradevole al palato. Si lascia quindi una piccola quantità di trascinamenti salini nell’acqua trattata, dell’ordine dei 25-50 mg/l.
Le tecniche di dissalazione fanno capo a tre tipologie di impianto: Dissalazione evaporativa – Dissalazione per permeazione – Dissalazione per scambio ionico
In genere, il tipo evaporativo viene impiegato per grandi produzioni di acqua dissalata, dell’ordine dei 100 000 m3/h e di qualità potabile o ad essa comparabile.
Necessitano di una sorgente di calore in quanto devono trasformare l’energia ricevuta in “calore latente di vaporizzazione”. Operano a temperature relativamente elevate (tra i 40 e i 200 °C) ed hanno quindi necessità, almeno in alcune parti, di essere costruiti in materiali speciali, come acciai “austeno-ferritici”, leghe Cu-Ni, o leghe di titanio, a causa della corrosione alcalina dovuta al cloruro di sodio.
La dissalazione per permeazione viene ottenuta mediante separazione su membrane semipermeabili. È un tipo di dissalazione indiretta, nonché la più utilizzata e sviluppata, specialmente nei paesi con scarse risorse di acqua dolce provenienti da ghiacci, fiumi e laghi ma con tanta abbondanza di acqua salata per la vicinanza al mare, per esempio in Spagna il 56% dell’acqua dolce viene trattato da impianto dissalatori ad osmosi inversa. L’impianto più grande al mondo si trova a Dubai e tratta una quantità di acqua di circa 630,000 m3 al giorno.
La dissalazione per scambio ionico viene ottenuta mediante rimozione degli ioni Na+ e Cl– su resine rispettivamente in ciclo H+ ed OH– (questo vale ovviamente per tutti gli ioni presenti). Si ottiene in singolo passaggio un’acqua fortemente dissalata; il rigetto è in questo caso costituito dai residui della rigenerazione delle resine.
Il tipo a scambio ionico viene impiegato per piccole e piccolissime portate, dell’ordine di 1 m3/h massimo, o per ottenere purezze molto elevate dell’acqua prodotta. Considerate tali caratteristiche, questa tecnologia è adottata soprattutto per le utenze domestiche, oppure su imbarcazioni di piccola dimensione o per dissalazioni portatili di emergenza. Un’innovazione nella tecnologia di dissalazione è stata registrata negli Stati Uniti dall’azienda italiana Schenker.
Il brevetto statunitense[3] descrive un sistema di recupero dell’energia, che consente di attivare il processo di osmosi inversa e di ottenere un risparmio energetico di circa l’80%. Tale innovazione, infatti, permette di non attivare pompe ad alta pressione nemmeno per la desalinizzazione dell’acqua di mare, consentendo quindi di ridurre notevolmente il consumo di energia elettrica. La tecnologia è disponibile per portate fino a 500 litri/h di acqua dolce prodotta.
Fatta questa breve premessa c’è da chiedersi come mai nel corso di questo ultimi 15/20 anni nessun Governo si è mai posto il “problema”, vista la costante “carestia di acqua potabile e per l’irrigazione” e visto che la nostra penisola e le nostre isole sono circondate dal “Mare Nostrum” non siano stati costruiti tali “IMPIANTI”, quale primaria soluzione del problema.
Inoltre potevano essere anche inseriti nel Pnrr per dare maggio credibilità e valore agli “investimenti” e un realistico esempio delle loro efficacia l’abbiamo ben visibile in Dubai.
Relativamente alla nostra Sicilia leggiamo insieme quanto riportato da un loro quotidiano in merito a tre “dissalatori” abbandonato da oltre 10 anni!
“Il primo round dei tecnici si è concluso lunedì scorso, con riscontri e dati cheverranno illustrati oggi (17 aprile 2024) a Palermo, durante la terza riunione della cabina di regia istituita e guidata dal presidente della Regione per trovare soluzioni alla crisi idrica che soffoca l’Isola. Una volta terminato l’incontro, in programma nel pomeriggio, comincerà subito il secondo round di sopralluoghi, sempre con personale specializzato afferente alla Protezione civile, che tra sabato e martedì prossimo dovrebbe dare un parere definitivo su costi, benefici e tempi dell’opera in questione: l’ammodernamento e la conseguente riattivazione dei tre dissalatori presenti in Sicilia, quelli di Porto Empedocle, Paceco-Trapani e Gela, il primo dismesso da oltre un decennio gli altri da più di un ventennio. Il condizionale, dunque, è ancora d’obbligo, appeso alle ulteriori verifiche e al via libera definitivo del governatore Renato Schifani e di Salvatore Cocina, capo della Protezione civile siciliana nonché coordinatore della task force di professori accademici e dirigenti regionali chiamati a domare la siccità, senza dimenticare che manca ancora il disco verde agli stanziamenti necessari, cioè la dichiarazione dello stato d’emergenza chiesta dalla Regione a Roma. Il nulla osta, però è molto più che probabile, perché i tre dissalatori allontanerebbero lo spettro di pesanti tagli idrici nel versante sud-occidentale dell’Isola, lì dove la penuria d’acqua, insieme all’area del Palermitano, ha ridestato l’allerta sui volumi di risorsa potabile disponibili, mentre a oriente la spia rossa riguarda soprattutto i bacini utilizzati per l’irrigazione.”
A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto ImagoEconomica