“Basta un inedito di Hank Jones per far drizzare le antenne agli appassionati. Il grande pianista del Mississippi, fratello maggiore di altri due big dell’improvvisazione quali il trombettista Thad e il batterista Elvin, ci ha lasciati nel 2010. Ma la sua musica vive ancora. E questo live – meritoriamente pubblicato dalla Red Records e registrato trentadue anni fa al Brassgroup Arcileale Jazz Festival – lo dimostra”.
Nel libretto, dell’opera discografica “Luca Conti osserva che, insieme al veterano Ron Carter (ancora vivente e super attivo), Jones detiene probabilmente il record di apparizioni discografiche. Tuttavia – sottolinea – nella sua lunga carriera e forse nella dimensione del trio che ha dato il meglio. E con due compagni di viaggio del calibro del contrabbassista George Mraz e del drummer Kenny Washington è facile che ne venga fuori un concerto da applausi.
Jones è uno di quei pianisti che hanno sulla punta delle dita la storia del jazz, ma non lo fa pesare. Distilla le note e le piazza al punto giusto per dimostrare quanto è bravo (e lo è davvero!).
Quando suona va sempre dritto all’essenziale, senza fronzoli evitando cliché e super influenze, dimostrazioni di virtuosismo. È una leggerezza apolinea, la sua, contrassegnata anche da una lieve quanto piacevole distacco aristocratico. Qui, poi, l’interprete con i patern costituisce il valore aggiunto e Mraz, dotato di una tecnica strepitosa e di una sensibilità melodica sopraffina, si guadagna sul campo il ruolo di co-leader. Accade fin dal primo brano in scaletta, un tempo medio di Jones dal titolo emblematico, Interface, dove esegue il tema dialogando con il pianoforte e regola un assolo da manuale per poi tornare nelle retrovie, sfoggiando un Walking bass altrettanto impeccabile.
Il repertorio è ben scelto, tra omaggi al fratello Thad (la delicata e arcinota A Child is Born), evergreen (Willow Weep for Me) e classici del Bep-Bop (le pakeriane “Scrapple from Apple” e “Moouse the Moonche” e la monkiane “Blue Monk” e “Round About Midnight“). Degna chiusura nel segno del modernismo con “Recordin Me” di Joe Henderson, dove Washington è in grande spolvero. Più che un disco, una lezione di stile e di swing che ci fa tornare in mente gli anni Novanta e I trio di maestri come Kenny Barron, Tommy Flanagan e Celdar Walton”.
(Pubblicato sul numero di giugno 2023, del mensile Musica Jazz- Hank Jones!!! Jones Mraz Washington – Red Records 18/10/2023 a cura di Ivo Franchi).
Ho avuto modo di parlarvi nei precedenti articoli di Elvin batterista e di Thad Jones trombettista i due fratelli di Hank. Hank è il maggiore dei due fratelli anch’essi musicisti. Il pianista è apprezzato per la sua leggerezza del suono che imprime con le sue dita delle mani sulla tastiera, con la sua eleganza del fraseggio, e dire ed altro ad avere riscoperto il ruolo di leader con la propria formazione ha partecipato in qualità di sideman a incisioni storiche, insieme ai suoi colleghi anch’essi musicisti di livello internazionale.
Egli è considerato il fondatore della scuola pianistica di Detroit, che annovera fra i suoi membri, Tommy Flanagan, Rolland Hanna e Barry Harris. Da piccolo Hank Jones si trasferì con la famiglia dal nativo Mississippi allo Stato del Michigan, stabilendosi nella città di Pontiac, nell’area di Detroit. In questo nuovo ambiente in una città nuova e sconosciuta il giovane Hank, iniziò lo studio del pianoforte e sin dagli inizi subì il flusso dei grandi pianisti dell’epoca da Fats Weller, Teddy Wilson, Earl Hines e Art Tatum. La sua passione dello strumento è della musica, lo fece conoscere precocemente agli altri artisti più grandi di lui. E proprio da un grande sassofonista Lucky Thompson, lui lo invitò nel suo gruppo per esibirsi all’Onix Club di New York City assieme Oran “Hot” Lips Page, il celebre trombettista.
Lo stesso Jones accettando l’esortazione di Thompson nel 1944 il pianista si trasferì nella Grande Mela dove, oltre a lavorare con il trombettista Page, fece la conoscenza professionale del grande tenor saxsophone Coleman Hawkins e del cantante Billy Eckstine ed Andy Kirk e dal 1947 iniziò le tournée accompagnando la cantante Ella Fitzgerald fino al 1953.
Durante gli anni Cinquanta il pianista americano lavoro a vari progetti discografici con i più importanti musicisti dell’epoca da: Benny Goodman, Artie Show, Milt Jackson, Charlie Parker, Cannonball Adderly, Herbie Mann, Donald Byrd, Kenny Clarke e Lester Young, e divenne nel tempo un rispettato e reclamato pianista in sala di incisione nel ruolo di sideman.
Arrivano poi gli anni Sessanta e il musicista costituì proprio in questa prima decade dell’anno, una sua formazione nella quale oltre a lui suonavano il batterista Osie Jhonson, il chitarrista Barry Golbraight e il bassista Milt Hilton. La formazione fu molto attiva durante questo decennio: il gruppo lavorava molto, erano molti richiesti nei locali, tant’è vero che Hank Jones trovò anche il tempo per registrare dei progetti discografici, con il suo fratello, il batterista Elvin. Verso la fine degli anni Settanta e negli anni Ottanta continuò la sua instancabile e fruttuosa attività sia in progetti discografici, sia con produzioni suo o accompagnando i suoi colleghi musicisti, artisti di livello internazionale, tra I quali due ottimi esponenti, Tommy Flanagan e John Lewis – e con formazioni ristrette, chiamate Combo.
La più rilevante fu il Great Jazz Trio, assieme a due grandissimi artisti del jazz internazionale Ron Carter il contrabbassista e il batterista Tony Williams. La vita artistica di Hank Jones proseguì e si arriva così agli anni Ottanta un altro lavoro lo attendeva, egli andò a occupare il posto di pianista presso il Cafe Ziegfeld di Manhattan e intraprese un’importante tournée in Giappone, accompagnato dal sassofonista Sonny Stitt e Geroge Duvivier, in questo periodo il lavoro continuò con i progetti in sale di registrazioni e guadagnando alcuni riconoscimenti, fra i quali nel 2009 il Lifetime Archievement Award, un anno prima della morte che lo ha colto in un ospizio del Bronx il 16 maggio del 2010.
“Hank Jones, per quanto sia una figura monumentale nell’ambito della musica improvvisata del Novecento non ha mai raggiunto la nomade due fratelli minori; Thad Jones abile trombettista e cornettista, noto pervi suoi arrangiamenti e le direzioni orchestrali, ed Elvin Jones, innovativo batterista ed asse portante drl migliore Coltrane. Eppure fu lui “l’anziano di casa”, classe 1918, a spingere i due fratelli verso lo studio della musica e ad istradarli al momento del loro arrivo nella Grande Mela. Hank la raccontava così: “Sono più vecchio di Thad e di Elvin e c’è una cosa che mi è rimasta impressa della nostra infanzia: facevamo delle piccole sessioni improvvisate.
Naturalmente, era una cosa spontanea: non le consideravano neppure jam session. Uno di noi iniziava a suonare e gli altri due si accordavano.Tutto questo andava avanti magari per ore, fino a quando nostra madre non ci buttava fuori di casa, ma ci divertevamo molto”. La carriera di Hank è altrettanto ricca di storia e la sua padronanza della musica risulta oltremodo profonda e caratterizzata, se non superiore a quella dei due fratelli. In effetti operava già sulla 52esima strada a New York City prima che Elvin (di nove anni più giovane) e Thad (cinque lasciassero Pontiac.Racconta Joe Lovano, che una volta viene chiesto ad Elvin cosa avesse alimentato il suo interesse iniziale per la musica e la composizione. “Ascoltavo mio fratello che modulava”, rispose il batterista. I tre fratelli Jones hanno registrato insieme raramente, anche se 1958 realizzarono un album intitolato “Keepin’ Up With The Joneses” (ristampato dalla label Verve Records nel 1999). Non esiste “mammasantissima” della nomenclatura jazz con cui Hank Jones non abbia suonato. Una curiosità : accompagnò al pianoforte Marylin Monroe, mentre cantava “Happy Birthday To You” al quarantacinquesimo compleanno di John F. Kennedy. “A volte ho fatto audizioni per numeri di elefanti, cani e comici”. Raccontava il pianista. “La parte più interessante era suonare per i cantanti d’opera”.
Al momento della registrazione di questi inediti, il 27 luglio del 1991, al Brassgroup Arcileale Jazz Festival, Hanry Jones Jr, detto Hank aveva 73 anni ed era ritornato in auge da tempo, imponendo un modello di piano interattivo, che il quel periodo era diventato un modus agenti tipico di molti musicisti jazz. Si tenga conto che il pianista di Pontiac, dopo i fasti di fine anni Quaranta e dei primi anni Cinquanta al seguito di innumerevoli solisti ed orchestre, aveva rischiato di oscurare la propria fama eclissandosi e finendo di essere “sepolto”, come si legge in una vecchia intervista, sotto un lavoro istituzionale redditizio e sicuro[…]”.
(A cura di Francesco Cataldo Verrina – Hank Jones Trio, con George Mraz e Kenny Washington – 29 aprile 2023 – jazzaround.it – Blues Magazine Jazz).
A cura di Alessandro Poletti esperto di musica jazz – Foto RepertorioÂ