Ogni anno, il 27 gennaio, ci troviamo a commemorare le vittime dell’Olocausto, un capitolo oscuro della storia umana che continua a interrogarci. Il Giorno della Memoria non è solo un momento di riflessione, ma un invito a vigilare, a non dimenticare e, soprattutto, a comprendere le dinamiche che hanno portato a tali atrocità. La figura di Primo Levi, testimone e scrittore, ci guida in questo percorso, con la sua prosa incisiva e la sua capacità di analizzare sia le esperienze individuali che i fenomeni collettivi.
Levi ci ha insegnato che la memoria è un atto di resistenza. Non basta ricordare; occorre anche interrogarsi su come il passato influisca sul presente. Oggi, in un’epoca segnata da tensioni politiche, crisi migratorie e polarizzazione sociale, le sue parole risuonano con una nuova urgenza. La storia non è un capitolo chiuso; è un ciclo che si ripete, e ogni generazione ha il compito di riconoscerne i segnali.
La società contemporanea, come quella degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, è caratterizzata da un crescente disorientamento. La paura del diverso, l’intolleranza, e il fanatismo si manifestano in forme nuove ma riconoscibili. Le immagini di rifugiati in fuga da guerre e persecuzioni ci riportano a quel passato che vorremmo dimenticare, ma che persiste nel nostro presente. In un contesto di crisi, la tentazione di scacciare l’altro si fa forte, alimentando la xenofobia e il razzismo. Levi, con la sua esperienza ad Auschwitz, ci ricorda che l’umanità è fragile e che la dignità umana è un valore da difendere con tutte le forze.
Il parallelo con oggi è inquietante. Le ideologie totalitarie che hanno portato alla Shoah non sono scomparse; hanno semplicemente trovato nuove forme. L’uso della tecnologia, dei social media e delle narrazioni distorte può creare un terreno fertile per la disinformazione e la manipolazione. Le parole possono diventare armi, e le verità possono essere riscritte per giustificare l’intolleranza. La storia ci insegna che l’indifferenza è complice della violenza. Levi stesso scrisse: “È più facile essere un carnefice che una vittima”. Questa affermazione ci invita a riflettere sul nostro ruolo nella società: siamo chiamati a essere testimoni attivi, a non voltare le spalle di fronte all’ingiustizia.

EFFETTI PERSONALI DEI DEPORTATI
VALIGE
Un altro aspetto fondamentale è il legame tra memoria e responsabilità. Ogni generazione ha il compito di custodire la memoria, non solo come atto commemorativo, ma come base per costruire un futuro migliore. La memoria deve tradursi in azione, in scelte politiche e sociali che promuovano la dignità di ogni individuo, indipendentemente dalla sua origine, religione o orientamento. La lotta contro l’antisemitismo, il razzismo e ogni forma di discriminazione deve essere un impegno collettivo, una battaglia quotidiana.
In questo Giorno della Memoria, dobbiamo chiederci: quali sono le nostre responsabilità? Come possiamo contribuire a una società più giusta e inclusiva? La risposta non è semplice, ma è necessario partire dall’educazione. La conoscenza della storia, delle sue tragedie e delle sue vittorie, è fondamentale per formare cittadini consapevoli, capaci di riconoscere i segnali di allerta e di opporsi a ogni forma di odio.
Primo Levi ci ha lasciato un’eredità preziosa: la testimonianza di chi ha vissuto l’inimmaginabile, ma anche la speranza di chi crede che l’umanità possa imparare dai propri errori. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di questa speranza. In un mondo caratterizzato da divisioni e conflitti, è fondamentale riscoprire il valore della solidarietà e della comprensione reciproca. Solo così potremo onorare la memoria di chi ha sofferto e costruire un domani in cui la dignità di ogni individuo sia al centro delle nostre scelte.

La memoria è un faro che illumina il cammino: lasciamoci guidare da essa, affinché le ombre del passato non si ripetano nel presente. In questo Giorno della Memoria, facciamo un passo avanti verso la consapevolezza, la responsabilità e l’umanità.
A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto ImagoEconomica