La data e i colori del 1909 sono e rimangono un anno molto significativo per la nostra città felsinea, che si è già lasciata alle spalle la spensieratezza della Belle Epoque, per affrontare i giorni di oggi, che ci accompagnano nello sviluppo industriale, tralasciando i vecchi profumi dei salumieri, delle vecchie botteghe sotto i portici.
Bologna ha fatto da sfondo all’affermarsi appunto dello sviluppo sia nel campo tecnico, grazie al successo di Guglielmo Marconi, che il 10 dicembre del 2009 è stato insignito del Premio Nobel per il contributo agli studi sulla telegrafia senza fili, sia nell’ambito giornalistico con Enzo Biagi al vertice della piramide e sia a livello cinematografico con il maestro Pupi Avati.
Ma non è tutto Bologna è la Dotta anche nel calcio. Il 3 ottobre alcuni ragazul scalmanati decidono di riconoscersi nel Bologna Football Club, sezione per le esercitazioni sportive del locale Circolo Turistico. La fondazione si svolge nei locali della Birreria Ronzani situata al civico 6 di Via Spaderie, presto elevato ad immateriale luogo della memoria dall’approvazione del piano edilizio, che porta all’abbattimento del dedalo di stradine e vicoli che si snoda tra le due Torri e piazza Maggiore. Dato che viene riportato anche dalla Gazzetta dell’Emilia.
Il battesimo è officiato dallo studente boemo Emilio Arnstein, già fondatore della compagine triestina Black Star, mentre il primo presidente è uno svizzero, l’aspirante odontoiatra Louis Rauch. L’autorità in campo è affidata ad Arrigo Gradi, guida del gruppo in cui figurano anche due spagnoli, universitari fuori-sede alloggiati al Collegio di Spagna. Al primo capitano si deve la scelta delle maglie a scacchi rossoblu, in omaggio al collegio elvetico di Schonberg, sul cui campo ha dato i primi calci. Le prime dispute si svolgono tra amichevoli e partite del girone veneto-emiliano, dove si rinverdiscono rivalità di campanile, con ferraresi e modenesi, e si incontrano avversari prestigiosi come Hellas Verona ed Internazionale, oggi atavici nemici.
Il sentimento per i rossoblu si diffonde velocemente sotto i portici, così si decide di passare dal campo della Cesoia allo Stadio dello Sterlino, inaugurato nel 1913.
Il primo tricolore, certificato dalla vittoria contro l’Alba Roma trionfatrice del girone Sud, è macchiato da una coda di polemiche, veleni e recriminazioni. Nel 28/29 arriva il secondo scudetto, mentre Arpinati celebra le nozze tra il club e l’imprenditore reggiano Renato Dall’Ara, costretto al matrimonio di interesse per tutelare il fruttuoso maglificio. Archetipico emiliano, astuto e parsimonioso, si addentra nell’inedito universo del pallone regalando alla città la squadra più forte di sempre.
I suoi trent’anni di presidenza sono inaugurati dai successi dei cosiddetti Veltri, che dal 35/36 al 40/41 conquistano quattro titoli nazionali. Ad onor di cronaca, è bene rimarcare che nel ’34 Arpinati sia già relegato al confino di Lipari e che i trionfi nazionali siano ribaditi in Europa da due Mitropa Cup e dal Torneo dell’Expo di Parigi del 1937, nella cui finale il Bologna rimanda il Chelsea oltremanica con quattro gol nel bagaglio. Ciò detto per non ridimensionare i meriti di un gruppo di campioni guidati dal geniale Arpad Weisz, quindi di nuovo da Felsner, dopo il suo allontanamento a causa delle Leggi razziali. Per intenderci, il principe dei cannonieri rossoblu Schiavio, il granitico Monzeglio, il funambolico oriundo Andreolo, il portiere Ceresoli e l’imprendibile ala Biavati sono protagonisti anche nei successi della Nazionale ai Mondiali del 34 e 38.
Poi arriva la guerra, il piano Marshall, ma la squadra si salva, attente, rifiata e poi riparte per vincere ancora con l’eco rossoblu che arriva allo stadio dalla Basilica di San Luca e quella di San Petronio, mentre prima della partita sul carrello nei ristoranti di via Indipendenza si ordinano i tortellini in brodo; e, quando si vince si festeggia in Piazza Maggiore.

Bologna è ancora oggi Bulgarelli e Dalla per la loro narrazione, la loro lunga amicizia, insieme sono un biglietto da visita vivissimo, di prima candidatura, non è un caso isolato, anzi il mondo moderno ha bisogno di storie, allora si racconti ciò che unisce una città e la sua squadra da un secolo e oltre che continua a vincere con i nuovi ragazul.
Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Vittorio Calbucci archivio storico