Nato a Roma nel 1922 e scomparso nel 1997, Franco Fedeli rimane il simbolo della battaglia che portò alla legge 121/81 “Riforma dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza”.
Figura purtroppo dimenticata, messain disparte dai vertici del Dipartimento della P.S. e anche dai sindacati. Allora mi chiedo, dove sono finiti i sogni dei poliziotti democratici di quel tempo? Se ne parlo oggi è perché ho avuto la fortuna di conoscerlo, frequentarlo e apprezzarlo, prima come “carbonaro”, poi come aderente al “Movimento” e ancora come dirigente sindacale spesso al fianco di Roberto Sgalla, futuro segretario generale nazionale del SIULP (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia).
Sono stato un testimone e protagonista in prima persona di quegli anni sempre più lontani e difficili che, per quanto mi riguarda, partono dal 1968. Noi poliziotti, in quel periodo storico nei quali il riposo settimanale era appena entrato in vigore mentre l’orario di lavoro giornaliero era indefinito, eravamo orgogliosi di stargli vicino, perché ci faceva maturare e ascoltarlo era come stare di fronte ad un “profeta”.
Quando tornavo al Centro Addestramento Polizia Stradale di Cesena, dove all’epoca prestavo servizio, e raccontavo di cosa si era trattato nelle riunioni romane con Franco, i colleghi si animavano traendo da quei racconti energia positiva ed entusiasmo necessario per continuare la lotta anche in periferia. Per me è stato un uomo, un giornalista, un sindacalista, uno stratega che mi ha preso per mano e mi ha guidato. Sono convinto che se non ci fosse stato lui, oggi, quasi sicuramente l’istituto di polizia sarebbe ancora un apparato militarmente organizzato. A questo punto i sindacati più rappresentativi a livello nazionale dovrebbero programmare un convegno riunendo vecchi e giovani operatori, come pure la “triplice”, e chiedersi cosa significa essere sindacato oggi, sia per i poliziotti sia per la società civile.
Magari, facendo anche un po’ di autocritica. Per arrivare a questo, però, servirebbe una certa dose di umiltà, ma non credo che al momento se ne trovi, se non agli angoli delle strade. Un esempio per tutti i fatti legati al G8 di Genova. Certa classe dirigente di polizia all’epoca gestì l’intera vicenda nel modo peggiore. Chi aveva la possibilità avrebbe dovuto prendere il regolamento di disciplina e applicarlo alla lettera (come avviene nei confronti dei dipendenti), allontanando i responsabili e consegnandoli alla Magistratura perché fosse comminata loro una giusta condanna.
Oggi, a mio parere, manca una guida illuminata nel sindacalismo, l’uomo retto, saggio, lo stratega e mediatore capace di controllare tutto e tutti. Da troppo tempo i sindacati di polizia e i Cocer sembrano non averne più bisogno e hanno dimenticato i tempi bui. Ogni tanto occorre girarsi e guardare al passato per ricordare quei giorni in cui si aveva paura di parlare, di scrivere e anche di pensare liberamente.
Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Redazione