Se n’è andato un altro dei simboli di quel Bologna che “giocava come in Paradiso”, uno di quelli a cui si fece in fretta ad affibbiare un’etichetta di “cattivo”, come spesso succedeva in quegli anni di grandi giornalisti che a volte ritagliavano immagini troppo legate alle simpatie del momento.
Certo Pascutti non era propriamente un chierichetto, sempre pronto a protestare con avversari e giacchette nere, però era bomber efficacie e coraggioso come pochi, capace di segnare 130 reti in 296 presenze con la maglia del Bologna e senza mai battere alcun rigore, capace di segnare 12 reti in dieci partite consecutive, record che solo un bomber come Gabriel Batistuta ha saputo superare.

Gli anni cinquanta e sessanta erano quelli dell’estetica, del tocco di classe, del bel gioco che magari non ti faceva vincere nulla, mentre questo friulano veloce, tenace e coraggioso non era proprio il massimo della tecnica, però per vincere Mitropa Cup e lo Scudetto del 1964 quelli come Ezio eccome se erano serviti; certo, sbagliava gol così facili che ti chiedevi come potesse succedere, ma poi lo vedevi tuffarsi di testa in mezzo a nuguli di gambe mulinanti, entrare in mischie che nel calco d’oggi procurerebbero la sospensione della gara per mancanza di giocatori, buttare in rete palloni impossibili per tanti “damerini” celebrati.

Pascutti è stato protagonista come pochi altri di un calcio che oggi non c’è più, icona di quel Bologna bellissimo con cui ha condiviso tutta la propria carriera calcistica, finita troppo presto a causa delle tante botte che lui, cattivo, ha subito, perché nell’area avversaria la sua maglia con il numero 11 c’era sempre, pronto al guizzo che castiga, a gettarsi senza paura nella mischia.

Riposa in pace grande Ezio e divertiti lassù a far disperare qualche cherubino con un tunnel dei tuoi e quelle reti che solo in Paradiso sanno segnare.

A cura di Maurizio Vigliani

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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