Quello che (forse) non sapete sulle auto blu e in divisa. La crisi nel mercato dell’auto ha colpito in particolare l’industria italiana del settore. Recentemente ho effettuato una ricerca in vari uffici di polizia sul territorio nazionale. Sono rimasto perplesso nel costatare che la maggior parte delle pattuglie della Polizia Stradale viaggia con auto straniere.
Allora mi sono chiesto come mai Stato e Istituzioni non preferiscono i prodotti italiani? Da qualche tempo le forze dell’ordine hanno in dotazione veicoli che sono ritenuti più adatti e in particolare più convenienti, senza badare alla nazionalità del marchio di fabbrica. Scelta che ovviamente mette in forte crisi la produzione di casa.
Infatti, le nostre “storiche” Fiat e Alfa Romeo sono state gradualmente sostituite da auto straniere. Una vera vergogna e anche un notevole danno economico per il mercato nazionale dell’auto. Di certo non è così per la Toyota, BMW, Peugeot, Renault, Mitsubishi, Seat, Subaru, Volkswagen e Volvo che a loro volta fanno affari d’oro. Si direbbe che il business tira parecchio e che la disponibilità ad abbassare i margini di guadagno – risparmiando sui materiali di largo consumo – pur di aggiudicarsi un appalto, sia notevolmente elevato. Per questo motivo è ancora più difficile accettare l’idea che la nuova “FCA” in pieno rilancio d’investimenti, idee e modelli, non abbia la forza e i mezzi per imporre o comunque meritare che le forze dell’ordine italiane guidino mezzi italiani.
La Toyota 2.0 SW è stata la prima vettura giapponese a mettere la divisa italiana grazie alla deregulation sancita dall’allora ministro degli Interni Roberto Maroni. Ai primi esemplari forniti alla Polizia Stradale, ne sono seguiti altri, con carrozzeria berlina, in dotazione all’Arma dei Carabinieri. In entrambi i casi non è seguita una vera e propria fornitura che invece, in seguito, è diventata appannaggio della Subaru. Sempre parlando di giapponesi, menzione speciale per le Mitsubishi Pajero in servizio alla Guardia di Finanza.
Nata per contrastare i fuoristrada blindati dei contrabbandieri di sigarette che, per sfuggire agli inseguimenti con il prezioso carico di “bionde”, usava speronare le fragili vetture in servizio delle fiamme gialle. Anche la Francia, paese romantico, ha sedotto con le sue Peugeot e Citroen diversi Ministeri italiani. Così come la Germania, più decisa e prepotente, con il marchio Seat, spagnolo di nome, ma di proprietà della Volkswagen, si è aggiudicata la fornitura di migliaia di auto, destinate al controllo del territorio, sia per i Carabinieri sia per la Polizia di Stato, a discapito del marchio Alfa Romeo. Capitolo a parte, ma non diverso, riguarda i mezzi usati dalla classe politica.
Le “famose” auto blu, come sappiamo, sono le vetture in dotazione alle alte cariche dello Stato e della Pubblica Amministrazione.
Il nome deriva dalla presenza del lampeggiante blu di segnalazione in dotazione su queste auto, e soprattutto su quelle che svolgono un servizio di scorta. Solitamente poi, forse perché così ormai vuole il nome, sono appunto di colore blu scuro. Queste vetture svolgono principalmente un ruolo di rappresentanza, e devono avere specifiche caratteristiche. Innanzitutto, la cilindrata deve essere superiore a 1600 cm³, con allestimenti esclusivi, se non addirittura di lusso.
Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, c’è una fitta, se non unica, preferenza di straniere. Uno dei modelli di auto blu più usata è, infatti, la BMW, cui fanno concorrenza la Mercedes, la Saab e l’Audi. Se l’esempio viene da chi ci “governa”, allora tutto diventa più chiaro! Come disse il grande Totò “e io pago”. Infine una menzione al filone fuori gamma delle “supercar” che è stato inaugurato con la Lamborghini Gallardo e Huracan, assegnate alla Polstrada in quattro esemplari; ripetuto dalla Benemerita con l’inglese Lotus Evora con due esemplari.
Com’è noto, queste vetture sono state fornite dalle Case costruttrici in comodato d’uso e svolgono perlopiù ruoli di rappresentanza e trasporto di organi.
Come dimenticare, però, la prima vera sportiva ante litteram nella storia della Pubblica Sicurezza. Parliamo della Ferrari 250 GTE entrata in servizio nella Squadra Mobile di Roma il 24 novembre del 1962 e guidata dal leggendario maresciallo Armando Spatafora.
Per finire questa breve carrellata sui veicoli in dotazione alle forze dell’ordine e alla politica, non può mancare una nota di “colore”. Forse pochi sanno che le pantere della polizia e le gazzelle dei carabinieri sono sotto la diretta responsabilità degli autisti.
I quali, se commettono infrazioni o provocano danni, anche durante lo svolgimento del servizio, come sancito da diverse sentenze del TAR, pagano di tasca propria. Proprio così: il codice della strada dice che pur correndo a sirene spiegate, bisogna comunque adottare una certa prudenza e, talvolta, non basta l’incombente necessità di salvare una vita a preservare lo stipendio dell’agente. Tutti i danni arrecati all’autopattuglia, infatti, sono detratti dalla (già magra) busta paga degli operatori addetti alla sicurezza.
A queste condizioni e a ragion veduta riteniamo sia molto meglio che gli automezzi, le riparazioni e/o i ricambi siano i meno costosi sul mercato.
Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica