Dopo l’arresto eseguito dalla Polizia di Stato a Cesena di un ragazzo di ventiquattro anni, cittadino italiano di origine tunisina, accusato del reato di arruolamento con finalità di terrorismo internazionale, fermamente determinato a raggiungere i teatri della guerra santa Siro-Iracheno, dopo un percorso di radicalizzazione che l’ha portato a una profonda adesione alle ideologie dell’estremismo islamico.
In un’altra operazione sono state arrestate a Milano due persone – un cittadino egiziano e un naturalizzato italiano di origine egiziana – molto attivi nella propaganda, con l’accusa di partecipazione ad associazione e istigazione a delinquere con finalità di terrorismo internazionale. Le misure cautelari sono il frutto dell’indagine condotta dalla Digos e dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica di Perugia, in collaborazione con il Servizio Polizia postale e delle comunicazioni. L’attività investigativa ha preso il via in conformità a elementi acquisiti dall’intelligence e da nuovi indizi emersi durante un altro procedimento penale.
I poliziotti hanno avviato approfondimenti nei confronti dei due indagati, entrambi presenti su gruppi Whatsapp di matrice jihadista e riconducibile allo Stato islamico. L’attività ha evidenziato la centralità del cyberspazio e dei circuiti mediatici internazionali, nella diffusione del messaggio jihadista finalizzato al proselitismo e all’esaltazione delle azioni terroristiche da parte dell’organizzazione cui hanno aderito gli indagati. In particolare, mettevano i loro commenti di appoggio all’Isis e contro l’Occidente sul web.
Inoltre, è stato riscontrato l’uso della Rete per un addestramento diffuso, evidenziato da parecchio materiale inneggiante ad azioni terroristiche violente, in diversi casi con giovani protagonisti; condivisione sui propri account Facebook di contenuti jihadisti; versamenti in denaro a favore di nomi presenti in Yemen e Palestina; indottrinamento religioso svolto nei confronti dei familiari, con particolare riferimento ai figli minori. Nel corso dell’indagine uno degli indagati ha anche postato sul proprio profilo Facebook il giuramento di fedeltà allo Stato islamico. Rilevata anche una particolare esperienza da parte degli indagati nell’uso delle armi, e la loro disponibilità a dare consigli sul loro impiego, oltre a diverse minacce in chat dirette a cariche istituzionali italiane, tra le quali anche alla Presidente del Consiglio.
Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica