CONFINI SANI — Riflessione.

Chi siamo, se non il delicato confine tra ciò che accade dentro di noi e ciò che ci raggiunge dall’esterno? L’essere umano è, da sempre, una creatura di margini e di passaggi, sospesa tra il bisogno di appartenenza e quello di autonomia. Il confine non è una barriera, ma un luogo di scambio. È la soglia dove l’io si definisce nel dialogo con l’altro, senza dissolversi né irrigidirsi. Come insegna Eraclito, “il confine dell’anima non lo potrai mai trovare, per quanto tu cammini, tanto profonda è la sua misura.” Così anche i nostri limiti sono mobili, vivi, capaci di mutare e di adattarsi. Un confine troppo rigido diventa prigione; uno troppo debole si trasforma in smarrimento. La saggezza sta nel riconoscere che l’equilibrio non è fisso, ma un movimento continuo, come il respiro, come il fluire del tempo.

Platone ci invitava a conoscere noi stessi per poter poi conoscere gli altri. Perché senza consapevolezza dei nostri bisogni e delle nostre ferite, rischiamo di costruire muri o di annullarci nell’altro. È nella distanza che nasce l’incontro autentico: né troppo vicino da confondersi, né troppo lontano da perdersi. In fondo, vivere con confini sani è un atto anche filosofico: significa porsi domande, accettare la complessità, e abitare consapevolmente quel fragile spazio che custodisce la nostra umanità.

UN BAMBINO SPECIALE

C’è un bambino di quattro anni e mezzo, piccolo ma con una mente grande, capace di vedere il mondo con occhi pieni di meraviglia. È un bambino super intelligente, che sorprende ogni giorno la sua mamma e il suo papà con domande e pensieri che sembrano uscire da un cuore antico e saggio. Un giorno, abbracciando la sua mamma, le ha detto:”Mamma, sei il mio cielo colorato.” Con quelle parole, ha dipinto nell’aria un arcobaleno d’amore, capace di illuminare anche le giornate più grigie. Perché per lui, la mamma è il rifugio, il sorriso, il calore… un cielo pieno di colori che cambiano con le emozioni.

Poi, con quella curiosità che solo i bambini hanno, ha chiesto: “Quando tutti gli uomini saranno morti, chi rimane sulla terra?” Una domanda grande, profonda, che mette insieme il mistero della vita e il pensiero del tempo che passa. È come se dentro di lui abitasse già il desiderio di capire il senso delle cose, di scoprire chi custodirà la bellezza del mondo quando gli uomini non ci saranno più. E mentre il papà gli spiegava i punti cardinali — Est opposto a Ovest, Sud opposto a Nord — il piccolo ha guardato ha detto: “Ma allora è una croce!” E aveva ragione. Perché nella sua mente vivace tutto si collega, tutto prende forma, tutto ha un significato. Come se il mondo intero fosse un grande disegno che lui riesce a leggere.

Questo bambino non è solo intelligente. È un attivo , più si stanca e più si ricarica, capace di stupire e insegnare agli adulti che il vero senso della vita sta nelle domande, nei colori e nei pensieri semplici, ma pieni di verità. Il nonno è il “nonno lumaca” probabilmente è il suo modo affettuoso per dire che lui corre come un fulmine mentre il nonno magari se la prende un po’ più comoda! Ma dietro a quelle parole c’è sicuramente tanto affetto. Quando ti chiama “nonno lumaca” o “vecchio”:

1. “Eh sì, sono una lumaca… ma una lumaca saggia che sa tante cose!”

2. “Vecchio io? Forse… ma con un cuore giovane!”

A cura di Paolo Gabellini – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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