Senato della Repubblica

POLITICI INCOMPETENTI E DERIVE PERICOLOSE

Viviamo in un’epoca in cui la politica sembra aver smarrito il senso del bene comune e la capacità di guida responsabile. Sempre più spesso assistiamo a dichiarazioni avventate, decisioni superficiali o addirittura atti vergognosi da parte di chi ricopre cariche pubbliche. È inquietante constatare come il livello di competenza di alcuni politici sia così basso da far temere non solo per l’efficacia del loro operato, ma per la stessa dignità delle istituzioni. La politica dovrebbe essere il luogo della riflessione, della responsabilità e del rispetto. Chi governa un Paese ha il compito di rappresentare i cittadini, di difendere i più deboli, di prendere decisioni ponderate per il bene collettivo. Purtroppo, troppo spesso assistiamo al contrario: slogan urlati, semplificazioni irresponsabili, dichiarazioni offensive verso categorie di persone, e proposte di legge improvvisate senza una visione di lungo termine.

Questa incompetenza produce conseguenze gravi. Si alimentano tensioni sociali, si perde fiducia nelle istituzioni, si rischia di ridurre la politica a un’arena di scontri personali e provocazioni, allontanando sempre più i cittadini dalla partecipazione democratica. Inoltre, la superficialità di certi politici crea spazio per derive populiste e autoritarie, dove la ricerca del consenso immediato sostituisce il rispetto delle regole e dei valori democratici. È necessario ribadire con forza che chi si candida a governare deve essere preparato, responsabile e consapevole del proprio ruolo.

La politica non è un palcoscenico per protagonismi personali o per battute ad effetto, ma un servizio al Paese. Quando i politici arrivano a dire o fare cose orribili, dimostrano non solo la loro inadeguatezza, ma mettono anche a rischio il tessuto civile e morale della società. Solo una cittadinanza vigile, critica e ben informata può invertire questa tendenza, pretendendo rispetto, competenza e serietà da chi governa.

IL CIELO DEI PENSIERI

C’era una volta un uomo che abitava vicino a un aeroporto. Ogni giorno, decine di aerei decollavano sopra la sua testa, facendo un frastuono così forte che spesso gli era impossibile sentire la propria voce, i pensieri, o le parole delle persone a cui voleva bene.Col tempo, quell’uomo capì che quegli aerei erano come i suoi pensieri più pesanti, quelli che arrivavano all’improvviso, senza chiedere permesso, facendo rumore nel cuore e nella mente. Erano pensieri di paura, di nostalgia, di rimpianto. Ogni volta che cercava pace, loro decollavano, oscurando il cielo e il silenzio.Un giorno, stanco di lottare, decise di fare una cosa nuova: invece di cercare di fermare gli aerei, iniziò a osservarli.

Seduto nel suo piccolo giardino, guardava quegli enormi uccelli di metallo alzarsi in volo. Notò che, per quanto rumorosi fossero, dopo poco si facevano piccoli, lontani, fino a scomparire dietro le nuvole.Così fece anche con i suoi pensieri. Quando un mostruoso pensiero arrivava, lo lasciava passare. Non cercava più di zittirlo o di scacciarlo. Lo salutava, come si fa con un treno che passa, sapendo che di lì a poco avrebbe ripreso il silenzio. Col tempo, il suo cielo interiore divenne più limpido. Scoprì che dietro il frastuono c’era un mondo fatto di piccole cose: il profumo della terra bagnata, il sorriso di un nipote, il ricordo di un abbraccio. Tutto ciò che il rumore aveva nascosto, tornava a brillare. Da allora, l’uomo visse così. Non cercava più un cielo senza aerei, ma imparò a convivere con i decolli, sapendo che ogni frastuono è destinato a farsi lontano, e che il silenzio vero è quello che si porta dentro.

NOI NON CI CONOSCIAMO BENE!

Noi non ci conosciamo bene perché fino ad oggi ci siamo guardati attraverso gli occhi degli altri. Abbiamo lasciato che fossero le opinioni, i giudizi, le aspettative altrui a disegnare i contorni di ciò che pensavamo di essere e di ciò che pensavamo fosse l’altro. Ci siamo osservati come se fossimo dietro a un vetro appannato, filtrati dalle parole, dalle esperienze raccontate da chi ci stava intorno. E così, più che conoscerci davvero, abbiamo imparato a vedere solo ciò che ci era stato detto di vedere o di sentire.

Quante volte abbiamo dato per scontato di sapere chi fossimo, basandoci su ciò che ci hanno raccontato? Quante volte abbiamo creduto di conoscere una persona attraverso le impressioni degli altri, senza mai ascoltare davvero il suono della sua voce, le pause tra le sue parole, i silenzi che parlano più dei discorsi?

Il vero incontro accade quando smettiamo di guardare con gli occhi prestati dagli altri e iniziamo a usare i nostri. Quando ci permettiamo di essere vulnerabili, autentici, senza ruoli né maschere. Quando accogliamo l’altro non per ciò che pensiamo debba essere, ma per ciò che realmente è, con le sue paure, le sue speranze, le sue verità. Solo allora possiamo dire di conoscerci.Solo allora possiamo davvero costruire un legame che sia nostro, fatto di sguardi sinceri e di parole che nascono dall’anima, non dall’abitudine. Noi non ci conosciamo bene, ma potremmo cominciare ora, se solo avessimo il coraggio di fermarci e guardarci davvero.

A cura di Paolo Gabellini – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui