È da poco finito l’anno scolastico. L’abat-jour che mi ha tenuto compagnia nelle notti interminabili dei mesi scorsi illumina le pagine ancora aperte sull’ultimo argomento di letteratura: Frankenstein, la creazione del mostro. Spero davvero che sia stato il primo e ultimo quadrimestre trascorso dietro a uno schermo, lontano da quelle classi a volte rumorose e altre volte assonate, non sempre facili da gestire, ma che ormai sono diventate un po’ casa mia.
Sovrappensiero scorro qualche post pubblicato dagli amici sui social network fino a quando mi imbatto nella foto di una statua decapitata. Poi in un’altra con sotto al nome la scritta “was a racist”. E in un’altra ancora che è a terra con una corda attorno al collo. Sono le conseguenze della battaglia contro le statue “politicamente scorrette” che si è scatenata dopo i fatti di Minneapolis. Deve essere orribile morire schiacciati da uno scarpone sul viso.
Ma deve essere altrettanto orribile vivere in un mondo dove si staccano le statue dai piedistalli. Perché quelle statue, che piaccia o meno, fanno parte della storia. E la storia si deve studiare. Magari si può reinterpretare, non ripetere se si considera sbagliata, ma mai cancellare. Perché senza un passato non può esserci un futuro.
Le guerre, studiandole appunto, ce lo insegnano. Il primo attacco è alle biblioteche, ai musei, alle opere d’arte, alla cultura di un popolo.
Nessun passato. Nessun futuro. È questo quello che vogliono. Cosa serve poi inginocchiarsi se all’odio si risponde con l’odio, e per di più lo si tollera cercando di giustificarlo? Al di là del colore della pelle tutte le vite contano, perché non c’è che la vita che conta.
Ma andando avanti così saremo tutti uguali sì. Tutti mostri miserabili. Proprio come quella creatura assemblata dal dottor Frankenstein. Senza passato. Senza futuro.
A cura di Valentino Broccoli – Foto Reuter