LA CRITICA DI VARNELLI, UN UOMO PROSAICO
Un grande critico teatrale, caduto in disgrazia, ha deciso di
collaborare con “Il Popolano”, anche se in maniera saltuaria,
preferendolo al Corsera perché non sopporta che Gramellini ci sia
andato a fare “Il Caffè”.
“ANTONIO E CLEOPATRA” di WILLIAM SHAKESPEARE
Buonasera, gentili lettori, e benvenuti! Oggi mi trovo al teatro “Alessandro Bonci”, con un bicchiere di rosso che danza nel mio stomaco, a raccontarvi delle mirabolanti avventure che ho vissuto assistendo alla rappresentazione di “Antonio e Cleopatra”, diretta da quel mago del palcoscenico che risponde al nome di Walter Malosti. Ah, Malosti! Un nome che evoca immagini di drammaticità e poesia, come un buon vino che si fa bere, ma che a volte ti fa anche girare la testa.
Iniziamo col dire che Anna Della Rosa, nei panni di Cleopatra, è una forza della natura! Un’interpretazione che oscilla tra il divino e il diabolico, come se la dea Iside stessa fosse scesa tra noi mortali per incantarci e farci tremare. La sua Cleopatra è una bellezza che seduce e distrugge, un vortice di emozioni che ti cattura e ti schiaccia come un raggio di sole che brucia la pelle. Oh, quanto avrei voluto essere Antonio, almeno per un istante, per assaporare quel fascino travolgente!
E Walter Malosti, ahimè, nei panni del grande generale romano, è un mix di nobiltà e vulnerabilità. La sua interpretazione è come una buona pasta: a volte al dente, a volte un po’ scotta, ma sempre con quel sugo densa di passione e conflitto. La sua lotta interiore tra dovere e desiderio è palpabile, e ti fa pensare che, dopotutto, anche i grandi uomini possono essere preda delle passioni più basse. Ma, diciamolo, non è che faccia a pugni con la sua Cleopatra! No, le battaglie più ardue si combattono nel cuore, e Malosti lo sa bene.
La regia di Malosti è un viaggio attraverso il tempo e lo spazio, un po’ come il mio cammino verso il bar prima dello spettacolo. La scenografia, essenziale ma evocativa, sembra mettere in risalto il conflitto tra amore e potere – un tema shakespearianamente eterno! Le luci, che si spengono e si accendono con la delicatezza di una candela in una notte tempestosa, creano un’atmosfera che ti fa sentire parte del dramma, anche se a volte ti chiedi se il tuo bicchiere non sia troppo colmo.
Tuttavia, non posso esimermi dal notare alcune sbavature: a volte le parole di Shakespeare, così ricche di significato, si perdono nella frenesia delle emozioni. Si vorrebbe che i versi fluissero come vino in un calice, ma a volte sembrano inciampare, come un ballerino un po’ brillo sul palcoscenico. Ma forse è proprio questo che rende il teatro così affascinante: l’imperfezione dell’arte umana.
In conclusione, “Antonio e Cleopatra” di Malosti è un’esperienza da non perdere, un mix di passione e tragedia, di amore e morte. Ricordatevi, però, di non arrivare troppo sobri, perché il teatro, come la vita, è meglio assaporato con un sorso di follia. E ora, scusatemi, ma devo andare a riempire di nuovo il mio bicchiere e riflettere su quanto sia bello e terribile amare. Salute!
Dott. Oreste Maria Varnelli
con un bicchiere in mano e il cuore leggero.
A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto Laila Pozzo