Walter Chiari a 100 anni dalla nascita
L’otto marzo di cento anni fa, nasceva uno degli attori più dotati della sua generazione, sottovalutato dalla critica e da molti suoi colleghi per invidia, ma non dal suo pubblico, quelli che li ha sempre seguito anche durante i tempi bui.
Se consideri che nel 1942, a Cremona, davanti ad un pubblico di soldati tedeschi e alla figlia del ras Roberto Farinacci, ridicolizzò Hitler con un monologo in dialetto milanese, ebbene, molti comici legati alla sinistra, non hanno mai osato fare satira in tempo di dittatura.

Quando, la mattina di sabato, 21 dicembre 1991, seppi della morte improvvisa di Walter Chiari, mi rattristai profondamente, leggendo in seguito le cronache sulle pagine culturali dei principali quotidiani, i quali svelarono che il ritrovamento avvenne nel residence dove alloggiava, seduto davanti al televisore ancora acceso, ebbene, questo particolare mi colpì particolarmente perché l’unico testimone del suo decesso, era proprio quell’elettrodomestico bruno o marrone, che come la radio, il telefono e il videoregistratore, erano nati per lo svago o la comunicazione e che tanti suoi successi aveva tramesso nell’arco di oltre un ventennio.

Mi immedesimai nel televisore, un vecchio “Sinudyne” anni ottanta, quando il “colore e stupore” erano un tutt’uno, il quale vedendolo senza vita di fronte a lui, con il volto di chi ha amato e goduto di ciò che la vita gli ha offerto su di un piatto d’argento per poi strapparglielo di mano sul più bello, decide, con il potere che solo un apparecchio dai semiconduttori intrisi di forte energia malinconica può avere, di trasmettere la storia della sua vita, a cominciare dalle sue prima apparizioni televisive, alla fine degli anni cinquanta, per passare agli anni dei grandi successi televisivi, cinematografici e teatrali, quando programmi culto come “Studio Uno”, “Canzonissima” e “Za-Bum”, si sommavano a film dove Chiari diede grande prova di versatilità interpretando ruoli molto distanti dalla comicità che lo aveva reso celebre nei suoi primi anni di carriera, tra questi, il vecchio TV volle ricordare, “Bellissima” di Luchino Visconti, “La rimpatriata” di Damiano Damiani, “Il giovedì” di Dino Risi, che è anche il mio preferito, dove Walter Chiari interpretava il ruolo di un padre separato, ridotto senza un soldo e senza un lavoro stabile ma spaccone di natura, che “Il giovedì” passa una giornata con il figlio di otto anni, il quale, estremamente più adulto della sua età, impara a volergli bene accettandolo per quello che è, ma anche il ruolo del balbuziente Silence nel Falstaff, di Orson Welles, e di Sandro, il cinico giornalista che nel film “Io, io, io… e gli altri”, di Alessandro Blasetti, conduce un’inchiesta sull’egoismo che lo spinge a riflettere sulla propria vita, per terminare con “Romance” di Massimo Mazzucco, che può essere considerato il suo testamento artistico.

Prima che il corpo venisse scoperto, il “Sinudyne marrone”, propose anche brani da pièce teatrali che il “Walter nazionale” portò al successo, da “Buonanotte Bettina”, “Il Gufo e la Gattina” con Delia Scala e “Un mandarino per Teo” con Sandra Mondaini, della premiata ditta “Garinei & Giovannini”, a “Luv” di Murray Schisgal con Gianrico Tedeschi e “La Strana coppia, di Neil Simon e “Finale di Partita” di Samuel Beckett con Renato Rascel. Quando il televisore fu spento, nella stanza riecheggiarono per giorni e giorni le risate e gli applausi del pubblico che lo amò, perché, per citare un padre della “Nouvelle Vague”, poteva incarnare perfettamente il personaggio di Bertrand Morane nel capolavoro di François Truffaut “L’uomo che amava le donne”, essendo nato, ironia della sorte, l’8 marzo 1924, nel giorno in cui si celebra “la Giornata Internazionale della Donna”, ma anche per la sua innata generosità d’animo.

A tal proposito, volevo citarvi un episodio che mi capitò anni fa fuori dall’ingresso palcoscenico del teatro Bonci di Cesena. Un anziano “clochard” di origine sarda ma romano d’adozione, mi si avvicinò con in mano un pezzo di pane e formaggio da taglio, con la chiara intenzione di scambiare due chiacchiere. In quel dialogo, il signor Gavino, mi raccontò di quando Chiari, uscendo dalle prove dal Teatro Sistina, gli promise un cappotto di cammello e, nell’attesa di consegnarglielo il giorno seguente, lo invitò in trattoria a pranzo raccontandogli le storie del suo mondo, come si fa con un vecchio amico.

Chiudo consigliandovi la lettura di un articolo pubblicato, in data 30 settembre 2018, su “il Giornale.it” a firma Roberto Festorazzi dal titolo “Così Walter Chiari sfotteva il Führer davanti ai tedeschi”, sono certo che vi stupirà.

A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto Repertorio

Editorialista Marco Benazzi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui