Max Pezzali

883: La Serie

L‘Uomo Ragno è vivo ma ha perso il treno dei sogni.

Premetto che nei primi anni novanta ero troppo grande per apprezzare la musica del fenomeno “883”, ma sono abbastanza grande da aver collezionato gli albi dell’Uomo Ragno pubblicati dalla casa editrice Marvel Corno. Quando a Natale del 2012, vicino alla cinquantina, acquistai l’ultimo numero, il 700, della serie “The Amazing Spiderman” dove Peter Parker perdeva la vita, per mano del suo nemico storico, il terribile Doctor Octopus, il quale s’impossessava del suo corpo, confesso che una lacrimuccia mi scese sulle gote. “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” è una serie che, oltre al racconto biografico e musicale, apre una riflessione più ampia su uno dei momenti cruciali della cultura italiana degli anni Ottanta e Novanta. Sguardo critico che potrà analizzare in maniera appropriata il contesto socioculturale, politico, psicologico che contraddistingue non solo la storia dei due protagonisti, Max Pezzali e Mauro Repetto, ma anche l’epoca in cui la musica degli 883 ha colpito con più forza.

Riflettendo dal punto di vista sociologico, la serie si colloca nella seconda metà degli anni Novanta, momento storico in cui l’Italia sta vivendo una trasformazione culturale e sociale. Gli anni ’80 sono un periodo di grandi fermenti; ci sono segnali di disincanto e di ricerca di nuove identità. La popolarità degli 883 segna la nascita di un tipo di musica che si fa portavoce delle esperienze quotidiane di una generazione: amori perduti, sogni infranti. È un fenomeno della cultura pop che esprime il desiderio di sfuggire ai precari equilibri sociali e politici.

In tal senso, la serie riesce a far emergere il contrasto fra la serenità apparente della musica e le tensioni socio-politiche del tempo, come il terrorismo degli anni di piombo e la crisi economica. Il duo musicale diventa simbolo di un’epoca in cui i giovani cercavano un nuovo linguaggio per esprimersi e riconnettersi con la propria realtà. La rappresentazione di questi temi avviene per mezzo di momenti di nostalgia e ironia, che rendono la serie ancora più affascinante.
Politicamente parlando, “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” è un confronto politico con i sessantottini, il movimento che ha plasmato diverse generazioni successive. In effetti, la musica di 883 non è puramente di intrattenimento; è un mezzo per protestare e riflettere sull’identità. Torna in tal modo a caricarsi del significato diverso dalla semplice cronaca del successo, la vicenda Pezzali e Repetto si configura come una narrazione che esplora come la musica possa fungere da strumento di critica sociale, portando a galla frustrazione e sogni di una generazione che si sentiva disillusa.

La serie pone l’accento anche sul fenomeno della televisione commerciale e del suo impatto sulla musica popolare, dimostrando, in qualsiasi modo, che questi due mondi possono intersecarsi e influenzarsi. Questo forte utilizzo della televisione come mezzo di comunicazione, quindi, è una nuova forma di ideologia in cui il successo viene misurato in termini di visibilità e accessibilità.
Hanno ucciso l’Uomo Ragno” è un brano che adotta, sotto l’aspetto psicologico, complessità sia nei rapporti umani che nei sogni. La figura di Max Pezzali è emblematica di chi ricerca il successo e la realizzazione personale, ma è spesso di fronte agli ostacoli interni, come la paura del fallimento, la ricerca di approvazione. Questa tensione viene amplificata dalla dinamica della loro amicizia, che si trasforma e si adatta alle circostanze narrate, fornendo un interessante spaccato su come le esperienze formative possono plasmare la personalità e le ambizioni.

La narrazione si avvale di flashback e momenti di introspezione, che permettono allo spettatore di entrare in contatto con le potenzialità dei protagonisti. Diventa così una riflessione sul significato stesso del successo e dell’amicizia, chiedendosi se la ricerca della fama possa realmente comportare una soddisfazione duratura.

Per concludere, “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” non è semplicemente la storia di come è nato un duo musicale iconico, ma un viaggio simbolico attraverso un’epoca piena di contraddizioni, sogni e speranze. Pieno di una narrazione ricca di elementi sociologici, politici e psicologici, può rappresentare sia la cultura pop italiana che profondi dilemmi esistenziali che riecheggiano ancora oggi. Il suo approccio multidimensionale è una chiave per il pubblico della serie in modo da comprendere le identità di un’intera generazione, cche ha trasformato lo spettacolo in un prodotto culturale di grande spessore. Io, comunque, mi sento esattamente come l’Uomo Ragno, quello che mentre consuma sconsolato un caffè al bancone di un bar, ha dato lo spunto ai due ragazzi di Pavia, interpretati magistralmente da Elia Nuzzolo (Max) e Matteo Oscar Giuggioli (Mauro), che scoprirete solo guardando la serie diretta magistralmente dal trio Chiara Laudani, Francesco Capaldo e Sydney Sibilia, quest’ultimo celebre per aver realizzato “Smetto quando voglio”, una trilogia che segue le avventure di un gruppo di ricercatori disoccupati i quali, per risolvere i loro problemi finanziari, si lanciano nel traffico di droga, affrontando situazioni esilaranti e ingarbugliate, “L’incredibile storia dell’isola delle rose”, che narra le avventure di un ingegnere italiano che, nel 1968, crea una micronazione su una piattaforma marina al largo della costa di Rimini, sfidando le autorità e affrontando temi di libertà, sogni e utopie e “Mixed by Erry”, che racconta la storia vera di una famiglia napoletana che, negli anni ’80, si trova coinvolta nel traffico di cassette di musica pirata, esplorando tematiche di passione, illegalità e cultura musicale.

“Stessa storia stesso posto, stesso bar, stessa gente che vien dentro, consuma e poi va, non lo so che faccio qui, esco un po’ e vedo i fari delle auto che mi guardano e sembrano chiedermi chi cerchiamo noi. Gli anni d’oro del grande Real, gli anni di Happy days e di Ralph Malph, gli anni delle immense compagnie, gli anni in motorino sempre in due, gli anni di che belli erano i film, gli anni dei Roy Roger come i jeans, gli anni di qualsiasi cosa fai, gli anni del tranquillo siam qui noi, siamo qui noi.” (Gli Anni, Max Pezzali e Mauro Repetto¹)

¹ Nonostante l’abbia scritta assieme a Max Pezzali, Mauro Repetto non ha mai firmato la canzone come spiega nel suo libro biografico “Non ho ucciso l’Uomo ragno”.

A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto ImagoEconomica 

Editorialista Marco Benazzi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui