Quando pensiamo a un uomo di settantacinque anni, lo immaginiamo incanutito, con rughe profonde a segnare le tante risate e i pianti disperati che la sua vita gli ha donato durante questi lunghi ma fulminei 27.393 giorni.

Mercoledì, 4 maggio 1949 alle 17,03 nasceva un mito che oggi, nonostante sia passato tre quarti di secolo, è ancora vivo nella memoria di quelli che amano il calcio e le storie che nascono oltre il campo, gli spogliatoi, e le dispute da bar. In quei giorni, Jacques Tati ci proponeva i suoi “Giorni di Festa”, William Holden giganteggiava sulle “Strade di Laredo” e i coniugi ballerini Josh e Dinah Barkley(Fred Astaire, Ginger Rogers) conquistavano Broadway, il segno zodiacale era quello del TORO e quello stesso giorno, a Roma, il governo De Gasperi firmò l’accordo sull’ingresso dell’Italia nella NATO, i popoli del Mondo avevano scelto la pace, firmando il Patto Atlantico, come titolò il “Corriere della Sera” a nove colonne.

Ma il mito tutto questo non poteva saperlo perché stava nascendo e quindi era all’oscuro dei fatti dettati dalla politica internazionale e dalle pellicole che riempivano le sale cinematografiche, era nato da quella che storicamente viene ricordata come la “Tragedia di Superga”, che, nell’arco di un battito di ciglia, spazzò via, come foglie al vento, giornalisti, personale di bordo e il “Grande Torino”, il mito di cui scrivevo poc’anzi. Lui, il mito, è cresciuto grazie all’amore dei tifosi ma anche a quello di chi ha sempre avuto parole di profonda stima verso quella squadra che “solo il fato vinse”.

Una formazione del Torino nel 1949, tra loro: Castigliano, Ballarin, Loik, Maroso, Mazzola, Bacigalupo, Menti, Ossola, Martelli e Gabetto. E’ morto a Mira (Venezia), Iginio Ballarin, di 94 anni, ‘superstite’ della sciagura che il 4 maggio 1949, sul colle di Superga, distrusse il Grande Torino. Ballarin, che non giocava a calcio – ricordano alcuni quotidiani che stamani riportano la notizia della sua morte – non era partito perche’ aveva dimenticato la carta d’identita’: era gia’ sull’aereo pronto per il decollo ma un doganiere lo scopri’ e lo fece scendere.
ANSA/ARCHIVIO

Ha trascorso la sua vita tra bandiere, poster, cerimonie estremamente sentite, intitolazioni e ricordi verbali tramandati di padre in figlio, ma ciò che nessuno può immaginare è quanto un mito possa vivere la quotidianità. Immaginiamo che tutte le 31 vittime della tragediadivenute mito sportivo, avessero avuto la possibilità di seguire le gesta della squadra granata, dal 6 maggio 1949 ad oggi, la prima retrocessione del 7 giugno 1959, la morte di Gigi Meroni datata 15 ottobre 1967, quella di Capitan Ferrini avvenuta l’8 novembre 1976, a pochi mesi dalla conquista del 7° e ultimo scudetto vinto dal Torino, e giù giù fino al fallimento dell’AC Torino di Cimminelliana memoria e alla nascita del Torino FC, grazie all’Avv. Pierluigi Marengo, che esercitò il Lodo Petrucci, riacquisendo il titolo sportivo del Torino Calcio a seguito del fallimento, fino al 2 settembre 2005, data in cui l’imprenditore alessandrino Urbano Cairo rilevò la società granata per la cifra di 10.000 euro. I diciannove anni dell’era Cairo, dal mito granata, saranno visti di certo come un’estrema involuzione ma i 75 anni del Toro post-Superga, a parte un breve periodo lontano oramai circa mezzo secolo che ci porta a ricordi di uno scudetto in bianco e nero e alle stagioni del “Mondo” che portò i granata in finale di Coppa Uefa, contro l’Ajax di Van Gaal, sono lontani anni luce dal periodo d’oro del Grande Torino.

Pensate se il mito in questione fosse in grado di sapere che a spingere Francesco Cimminelli ad acquistare il Torino fu l’Amministratore Delegato della Fiat Paolo Cantarella, in virtù del fatto che la Ergom automotive”, società di cui Cimminelli era Presidente, faceva parte dell’indotto Fiat, ed in seguito fu inglobata dalla casa automobilistica guidata dalla famiglia Agnelli. No, spero almeno questo glielo abbiano risparmiato.

A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto ImagoEconomica 

 

Editorialista Marco Benazzi

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