La strage di Bologna. Ancora oggi non riesco e non posso dimenticare quell’infuocata mattina d’estate che inghiotti tra le macerie tantissime vittime indifese. A memoria d’uomo è stato il più grave attentato terroristico che abbia colpito il Paese dal secondo dopoguerra a oggi. Parliamo di sabato 2 agosto 1980. Questo è il mio indelebile ricordo, a quarantaquattro anni dalla strage nella stazione di Bologna.
All’epoca ero un giovane brigadiere di pubblica sicurezza e comandavo il 4° plotone della 1^ compagnia del Centro Addestramento Polizia Stradale di Cesena. In quell’afosa mattinata tutto il personale permanente e allievo, impegnato nelle attività di formazione, attendeva il termine delle lezioni prima di essere posto in libertà. Improvvisamente, verso le 11, fu segnalata, tramite altoparlante, la cosiddetta – da tutti temuta – “permanenza in caserma”, che di regola anticipava l’immediata partenza per un servizio di ordine pubblico del battaglione (400 uomini) sul territorio nazionale; in quel caso la destinazione fu Bologna. Siamo stati il primo reparto inquadrato ad arrivare nel capoluogo emiliano, a parte ovviamente i presidi territoriali, già tutti impegnati in una febbrile quanto dolorosa opera di soccorso. Alle 10.25 la stazione ferroviaria situata in piazza Medaglie d’Oro era piena di persone, presa d’assalto da turisti che andavano e venivano perché Bologna, la mia città natale, è il crocevia d’Italia: da qui si passa per andare al Sud o al Brennero.
Uno snodo ferroviario che smista famiglie intere, giovani e anziani, coppie di sposi e fidanzati, bambini in sandali con il sacchetto dei giochi, impazienti di raggiungere il mare o la montagna, ma ignari che l’orologio del destino avesse già decretato la loro sorte. Nella sala d’attesa di seconda classe scoppiò d’improvviso una borsa con 200 chili di esplosivo, provocando ottantacinque morti e duecento feriti. Non dimenticherò mai i corpi orrendamente martoriati, che, anche in caso di salvezza, sarebbero restati per sempre mutilati anche nell’anima. Ho pianto, con il cuore straziato dal dolore, ma ho continuato anche se malvolentieri a svolgere il mio delicato compito di ordine, sicurezza e soccorso pubblico. Il presidente della Repubblica Sandro Pertini, al suo arrivo nel primo pomeriggio sul luogo del disastro, riuscì solo a dire, con la voce strozzata: “Non ho parole”. Quando ripenso a quei momenti, mi tornano alla mente l’odore acre della polvere da sparo e il caos generale nel quale tutti cercavano di portare il proprio aiuto, a volte, senza volere, intralciando l’opera dei soccorsi.
Non vi erano ambulanze a sufficienza per fare fronte all’emergenza, per cui gli autobus, in particolare quello della linea trentasette, sfrecciavano per le vie della città a tutta velocità diretti agli ospedali, con la speranza di salvare più vite possibili. Un lenzuolo bianco, che fuoriusciva dai finestrini, segnalava l’urgenza, mentre trasportavano il loro carico di cadaveri e di corpi che ancora respiravano, straziati, dilaniati, carbonizzati. Le persone che ricordo di avere soccorso mi chiedevano quale inferno si fosse spalancato sotto i loro piedi. Allora i telefonini ancora non c’erano. Anche per questo le novità, sulle varie ipotesi della tragedia, così come le richieste di notizie da parte di famigliari, parenti, amici e conoscenti, circolavano molto lentamente. Rimanemmo a Bologna per dieci giorni, con quelle poche cose che eravamo riusciti a preparare prima della partenza, all’epoca, purtroppo, eravamo abituati a questi disagi, ma non ancora a queste terribili tragedie! In tutti questi anni, ho partecipato alle commemorazioni e come sempre ho sentito la vicinanza con le vittime, con i loro familiari e con la mia città, Bologna. Una città che da allora non è stata più quella aperta, gioviale e gioiosa degli anni sessanta che mi ha visto crescere, ma che dopo la strage del 2 agosto è diventata più chiusa, più preoccupata.
Credo non si sia più ripresa. Oggi con coraggio e con la solita perseveranza occorre non dimenticare, ma continuare a sperare che finalmente possa emergere la verità vera, fugando tutti i dubbi che dopo 44anni ancora continuano a ricorrere, anche se questo non restituirà, purtroppo, le tante vite spezzate o irrimediabilmente segnate da questo evento doloroso. Anche quest’anno, per non dimenticare, sarò presente alle varie manifestazioni, vicino alle vittime e ai loro familiari.
Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Repertorio