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(da un tavolo del “Caffè Costantini”, il Prof. Ercole Garbuglia racconta la sua visione poetico-allucinata dei fatti)

Il Miracolo dell’Arena Garibaldi: Pisa-Cesena, La Partita Fantasma

Mercoledì 25 settembre, le ore sono le 16:00. All’Arena Garibaldi, un’eccentrica danza di speranze e paure si prepara a prendere vita, in attesa del secondo turno di Coppa Italia: Pisa contro Cesena. E io, inebriato dai fumi dell’alcool e da un’ardente passione calcistica, mi trovo qui, seduto al mio solito tavolo a guardare il televisore per godermi l’incontro, trasmesso in esclusiva in chiaro sul Canale 20 di Mediaset sul digitale terreste, con il cuore pulsante come un tamburo e la mente intrisa di fantasie.

Il cielo sopra Pisa sembra un occhio chiuso, pronto a sbattere le palpebre di un temporale, ma noi non ci facciamo intimidire. I tifosi, come le onde del mare, si incalzano tra i gradoni dell’Arena, il profumo di focaccia e birra si mescola all’odore di sudore e attesa. Non c’è nulla di più esaltante che sentirsi parte di un unico, frenetico organismo, sussultante al ritmo delle grida di incitamento.

Sullo sfondo, il Cesena si presenta come un’armata di fantasmi: bianco e nero, sembra più un’oscurità che si erge contro la luce del sole pisano. Gli avversari, giovani e affamati, hanno il sapore della sfida, come un caffè forte e amaro. “Ma chi credono di essere?”, penso, mentre i miei pensieri si affollano come gli spettatori sugli spalti. La magia del calcio è che nessuno sa cosa può accadere e qui, all’Arena, la storia è scritta da chi possiede il coraggio di sogni impossibili.

Gli alamari che annunciano l’inizio della partita risuonano come il canto di un’arpa celestiale, mentre il pallone rotola sul prato verde, un microcosmo di emozioni. Il Pisa parte con una ferocia che ricorda i leoni della savana, guidato dal mister con il volto scolpito dal tempo e dall’incredulità di chi ama questa città e la sua squadra. Ogni passaggio è una poesia, ogni tiro è un atto di ribellione contro il destino.

Ma il Cesena non è da meno: nella sua danza coreografica, i bianconeri in preda all’entusiasmo, comincio a fantasticare sul gol magico che cambierà il corso della storia. Immagino il pallone che curvando nell’aria, fa piombare il portiere avversario in un mondo di incertezze. Che giocate! Che emozioni! Le mani si alzano, i cuori si stringono, e per un instante, il tempo si ferma.

Ecco che il primo tempo giunge al termine, ma non senza un colpo di scena: un rigore trasforma l’Arena in un teatro greco, dove gli applausi e i fischi si intrecciano come le prore di una nave in tempesta. Tra un sorso e l’altro di birra, rifletto su quanto il calcio sia un gran teatro, dove drammi e commedie si rincorrono incessantemente.

Il secondo tempo comincia tra un’ovazione e l’altra. Lo stadio è un vulcano pronto a eruttare, e io sono lì,affacciato alla finestra che ha il mondo per panorama,ignaro delle mie stesse emozioni. I passi dei calciatori sul terreno di gioco vibrano come un tango argentino, mentre gli allenatori si agitano in panchina, tra segnali e rabbia. La tensione è palpabile.

Un gol del Pisa, un boato esplode come un fuoco d’artificio, e i tifosi volano in alto, dimenticando i dolori e le delusioni del passato. È un momento di gloria, un attimo di eterno splendore. Ma ecco il Cesena non ci sta: in un’azione fulminea, pareggiano, trasformando il mio e il nostro sogno in un incubo da cui fatichiamo a svegliarci. L’incertezza si fa compagnia con la bottiglia, e l’allegria sfuma in malinconia.

Ma in una partita di calcio, tutto può accadere. Gli ultimi minuti sono un autentico capolavoro di caos, un’esplosione di emozioni e sudore. Il fischio finale è un sospiro collettivo, un canto di speranza e disperazione. Non importa chi avrà la meglio, perché alla fine, ciò che conta è l’aver vissuto l’orrida bellezza di una partita che, pur nella sua incapacità di riassumere l’universo intero in novanta minuti, riesce a raccontarci storie di vita e passione. La lotteria dei rigori la lascio agli ipocriti e ai pennivendoli.

E così, mentre immagino che la folla esca dall’Arena Garibaldi, abbandonandosi a chiacchierate insensate e a promesse del tipo “ci vediamo alla prossima”, io mi ritrovo a pensare da solo, spaparanzato sul dondolo posto all’esterno del bar, e anche se la vittoria non ha sorriso ai nostri colori, domani ricomincerò a sognare. Perché il calcio, con tutte le sue magnificenze e i suoi misteri, resta la cosa più bella che ci sia. E in quel momento, non c’è niente che possa oscurare il cielo di Pisa.

(al Barman) Franz, per cortesia, con calma, visto che la partita mi ha smosso un certo appetito, mi porteresti una cotoletta alla milanese, fritta in burro chiarificato non olio né tantomeno strutto, e una bottiglia di Valtellina Superiore Inferno DOCG NINO NEGRI, grazie.

A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto ImagoEconomica 

Editorialista Marco Benazzi

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